Gianluigi Nuzzi, 42 anni, è forse oggi uno dei giornalisti più letti (e temuti) in Vaticano. E’ infatti dal suo libro-inchiesta “(Sua Santità – le carte segrete di Benedetto XVI”) che ha avuto inizio il caso Vatileaks, che ha portato all’allontanamento di Paolo Gabriele, maggiordomo di Benedetto XVI, e a numerosi cambi ai vertici delle gerarchie vaticane.
E lo stesso Nuzzi, in un articolo pubblicato oggi sul quotidiano Libero, si rende conto di come questo libro abbia, in un certo senso, pesato sulla decisione del Papa di dimettersi.: “Lo scandalo detto Vaticanleaks, del quale col mio libro sono stato uno dei protagonisti, avrà certamente addolorato il Pontefice per il fatto che quei documenti siano diventati pubblici” ha scritto Nuzzi, che poi però precisa: “Ma il dolore più grande Benedetto XVI l’ha provato per i fatti in sé, non per la loro pubblicazione. E certamente sono anche quegli scandali ad averlo indotto alo gesto clamoroso”. Non manca, ovviamente, l’affondo: “Credo che dietro questa mossa così radicale ci sia di più – scrive Nuzzi sul quotidiano diretto da Maurizio Belpietro – C’è l’incapacità di Ratzinger di dare continuità ai suoi messaggi, certo, ma c’è anche la scollatura tra lui e il Segretario di Stato, Tarcisio Bertone”, come il giornalista in passato al Giornale ha detto anche ieri sera durante la trasmissione Piazza Pulita su La7 condotta da Corrado Formigli.
L’altro libro che fa discutere
Ma c’è un altro libro che da qualche giorno sta provocando svariate reazioni nei piani alti dei Palazzi vaticani, che dinanzi alla decisione di Benedetto XVI stanno passando in secondo piano. Ali Agca, che il 13 maggio 1981 attentò alla vita di Papa Giovanni Paolo II in Piazza San Pietro, ha appena pubblicato una sua autobiografia (“Mi avevano promesso il paradiso” – Edizioni Chiarelettere) nella quale rileva di avere agito dietro le indicazione dell’ayatollah iraniano Khomeini. Ennesimo depistaggio o un primo vero tentativo di fare luce sulla vicenda dopo poco più di trent’anni? Formiche.net ne ha parlato con Gianluigi Nuzzi.
Nel libro da poco pubblicato dalla editrice Chiarelettere, Ali Agca, dopo una serie innumerevoli di depistaggi, sembra voler fornire una versione definitiva su chi fosse realmente il mandante di quell’attentato. “Questa è la volontà di Allah, caro Ali. Non devi dubitare” gli disse, secondo quanto riportato dallo stesso Agca, l’ayatollah Khomeini. Per quale motivo, secondo lei, bisognerebbe credergli questa volta?
Credere ad Alì Agca è sempre assai pericoloso: l’estremista islamico, il lupo grigio per decenni ha portato in giro per il mondo l’opinione pubblica, i mass media, la magistratura indicando di volta in volta i mandanti che lo spinsero in piazza San Pietro per uccidere Woytyla. Rispetto alle farneticazioni, alle menzogne del passato, oggi l’ipotesi iraniana è senza dubbio interessante, sempre che non sia l’ennesima esca che Agca lancia per ottenere visibilità, pubblicità, per riaccreditarsi disperatamente agli occhi del mondo cristiano. Ma questo dubbio lo può risolvere solo Agca se fornirà elementi decisivi che ancora mancano nel libro, se sarà meno sfuggente in punti decisivi, se mostrerà i documenti ai quali fa riferimento. Per questo la mia posizione è d’attesa. Né noi né il Vaticano e la Chiesa hanno bisogno di polveroni che distraggono da questioni ben più dirompenti come il percorso di trasparenza dello Ior che sia in Italia sia Oltretevere alcuni vogliono bloccare.
Quale ruolo può avere giocato l’incontro avuto da Ali Agca con Giovanni Paolo II nel carcere di Rebibbia nella decisione di scrivere questo libro? Non pensa che la Santa Sede, anche per evitare ogni possibile speculazione, dovrebbe rivelare il contenuto di quel colloquio?
Non credo che la Santa Sede debba svelare il contenuto di quel colloquio che rimane un momento di svolta dopo lo choc degli spari in piazza San Pietro. Non credo che si possa “entrare” nella misericordia di Giovanni Paolo II per trovare risposte a quanto Agca asserisce. Padre Lombardi – con il quale certo ho avuto “scontri” dialettici a distanza ma del quale rispetto sempre l’onestà e la capacità di sintesi propria dei gesuiti – ha replicato già da parte sua, cercando di smentire le verità che Agca riporta nel suo “Mi avevano promesso il paradiso”. Noi che siamo osservatori dobbiamo armarci di pazienza è aspettare che l’ex lupo grigio o fornisca tutte le prove o – è il caso di dirlo – taccia per sempre.
Il 1 maggio è il giorno dell’attentato a Giovanni Paolo II. Ma è anche il giorno dell’apparizione della Madonna di Fatima. E l’islam sciita considera l’apparizione della Madonna a Fatima come uno “scippo”. Solo un caso?
Elementi concreti e anche suggestivi portano a leggere questo libro in poche ore perché apre su questioni che – seppur lontane – rimangono come dei vulnus fino a quando non saranno chiarite. Ma nel libro mancano tanti, troppi nomi; mancano tanti, troppi dettagli su passaggi fondamentali. A iniziare dal suo viaggio dalla Turchia a Roma con l’incarico di sparare al pontefice. Agca non indica tutte le persone incontrate, non le indica con nomi e cognomi. Non dice come si finanziava, attingendo da quali risorse e poi ci sono quei riferimenti da estremista donne & champagne che trovo un po’ surreali….
Cosa l’ha colpita in particolare di quanto raccontato da Agca nel libro?
Ho trovato interessante la parte dell’iniziazione alla lotta armata che Agca descrive quando ripercorre la sua giovinezza nella Turchia dei Lupi grigi: i primi reati, le rapine, gli omicidi. Ho letto con una curiosità rimasta non completamente soddisfatta o insoddisfatta, in parti strategiche, la ricostruzione delle settimane alla vigilia dell’attentato.
La Santa Sede, attraverso il portavoce Padre Lombardi, ha reagito in maniera veemente contestando punto per punto le teorie di Agca scritte nel libro. Come mai c’è stata una reazione così forte da parte del Vaticano dinanzi ad una delle tante versioni proposte da Agca?
Il Vaticano fa bene a fornire le sue verità, sempre e comunque. Con Ratzinger che twitta e la sala stampa che tace di fronte alla biografia dell’attentatore del suo predecessore avremo un’antinomia difficilmente superabile. Certo dopo decenni e decenni di silenzi di comodo, ancora non siamo abituati a queste piccole aperture. E le indico come “piccole” perché rispetto al Vaticano come “Stato” ancora siamo lontani da quella linea di trasparenza annunciata e portata avanti da Benedetto XVI.
La pista islamica è stata, sino ad ora, a quanto risulta, poco seguita dagli investigatori. Pensi che questo libro possa dare una “svolta” alle indagini?
No, non credo. Nessuno ha interesse a riaprire quel libro o forse gli Usa per qualche conto in sospeso con l’Iran ma questa è un’altra storia. Almeno fino ad oggi.
Al di là di un mero racconto di un attentato, cosa c’è di attuale nel libro?
L’odio, l’esasperazione che animano migliaia e migliaia di arabi che vedono nel sangue la risposta al cristianesimo e all’occidente. Nulla di più attuale.
Un’ultima domanda. Perché una casa editrice come Chiarelettere ha deciso di esporsi in maniera così forte pubblicando questo libro?
Bisognerebbe chiederlo a loro! Per come conosco io Chiarelettere, le scelte sono sempre dettate dalla volontà di pubblicare libri che servano a capire quanto è accaduto, quanto accade per evitare che le situazioni si ripetano. Chiarelettere pubblica persino libri coraggiosi che non sono né i miei né quelli di Agca. Sto pensando ad esempio a “Strage continua” nel 2008 sugli scontri stradali, gli incidenti, in gran parte figli di un paese che si rassegna non all’inevitabile ma all’evitabile. E gran parte dei nostri mali sono assolutamente evitabili.