E’ di sinistra. No, è populista. Macché, è trasversale. Forse, ma anche un po’ di destra. Chi ha ragione nel giudicare il Movimento 5 Stelle? Tutti e nessuno.
Ma per chi volesse capirne di più, da chi ha studiato scientificamente il movimento fondato da Beppe Grillo, allora non si può prescindere dalla lettura di un recentissimo saggio del Mulino intitolato “Il partito di Grillo” scritto da Piergiorgio Corbetta (professore ordinario di Metodologia della ricerca sociale nell’università di Bologna) e da Elisabetta Gualmini (professore ordinario di Scienza politica alla stessa università).
La ricerca del Mulino segnala due elementi che indicano almeno in parte il superamento della tradizionale divisione destra-sinistra.
Il primo fattore è costituito dalla “rilevante quota tra gli intenzionati a votare 5 stelle – scrivono gli autori del saggio edito dal Mulino – di coloro che rifiutano di collocarsi su questa dimensione”.
Il secondo fattore è un “alto grado di variabilità” nella “distribuzione delle preferenze ideologiche di chi ancora vi si riconosce”.
I due elementi, secondo Corbetta e Gualmini, “sembrerebbero caratterizzare il M5s come un partito post-ideologico, allontanandolo quindi dalla sua assimilazione alla famiglia della sinistra libertaria”. Nello stesso tempo, scrivono i ricercatori che animano da anni l’Istituto Cattaneo, “la collocazione sull’asse sinistra-destra da parte di coloro che l’accettano, li pone su un versante più a sinistra che a destra”, in ciò “distinguendoli nettamente dai sostenitori dei neopopulismi europei formatisi negli anni Novanta (Lega Nord inclusa)”.