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L’intelligence Usa compatta contro il cyberspionaggio cinese

Gli Stati Uniti sono bersaglio di una campagna di attacchi informatici e spionaggio che può minare la competitività della prima economia al mondo. Il rapporto National Intelligence Estimate, il documento riservato che raccoglie il parere dell’intelligence statunitense al gran completo, identifica la Cina come il Paese che con maggiore aggressività tenta di introdursi nei sistemi del mondo industriale e istituzionale Usa.

Il documento segnala come gli attacchi siano sempre più mirati sul settore economico e non semplicemente su obiettivi militari e di intelligence. Secondo quanto riferito dal Washington Post, gli attacchi negli ultimi cinque anni hanno colpito i settori più disparati: dall’energia alla finanza, dalle telecomunicazioni all’aeronautica e all’automobile. Da ultimo anche la stampa, con le denunce la scorsa settimana di intrusioni nei sistemi del New York Times e del Wall Street Journal per le quali si sospetta di pirati informatici legali a Pechino.

Il documento riservato non dà tuttavia indicazioni su quale sia stato l’impatto finanziario delle intrusioni, sebbene esperti esterni lo quantifichino in decine di miliardi di dollari. Il rapporto cita anche le minacce in arrivo da Israele, Russia e France, niente tuttavia se paragonate a quella cinese.

Le fonti sentite dal Post hanno sottolineato come l’amministrazione del presidente Barack Obama stia cercando di contrastare il furto elettronico di segreti commerciali presentando formali proteste, espellendo personale diplomatico, imponendo restrizioni ai visti di viaggio e rivolgendosi all’Organizzazione mondiale del Commercio. La Cina dal canto suo ha sempre respinto le accuse mosse, che spesso hanno puntato il dito contro società considerate troppo legate al governo come i colossi tecnologici Huawei e Zte.

Per molte società è tuttavia difficile ammettere di aver subito intrusioni. Un caso a parte è rappresentato da Google. Lo scontro tra Pechino e la società di Mountainview fu reso pubblico a gennaio del 2010 quando il gigante informatico denunciò attacchi hacker provenienti dalla Cina contro le caselle di posta elettronica di dissidenti e attivisti per la tutela dei diritti umani. Proprio il presidente esecutivo di Google, Eric Schmitd ha definito la Repubblica popolare la culla di hacker più prolifica e sofisticata.

Il dipartimento per la Giustizia intanto ha avviato un programma di formazione per oltre 100 procuratori che si occuperanno di intrusioni informatiche legate a governi stranieri.

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