No, non chiedetegli per chi vota, per carità. Ora l’ex presidente di Mediobanca e Generali, autore con Massimo Mucchetti del libro intervista “Confiteor – Potere, banche e affari. La storia mai raccontata”, ha un pò di meraviglia perché il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, non sia stato finora meglio coinvolto dal Pd nella campagna elettorale, anche se da qualche giorno è più presente.
Allora il “berlusconiano” Geronzi, come spesso è stato definito il banchiere, voterà Berlusconi? “Un attimo – dice il presidente della Fondazione Generali in una conversazione con Formiche.net – diamo la precedenza al carattere del governo auspicabile. Per una decisa azione dell’esecutivo, serve un governo politico”.
Basta con i tecnici a Palazzo Chigi come Mario Monti, quindi? “Devo constatare che i tecnici hanno commesso davvero molti errori. Basti pensare alla vicenda incresciosa degli esodati e al pletorico e confuso testo della legge sul mercato del lavoro, nonché al nominalismo di alcuni provvedimenti quali “Cresci-Italia”, “Semplifica-Italia”, “Sviluppa-Italia”, ma anche all’assenza di presupposti diretti per la crescita”. “In verità – aggiunge il banchiere – anche in altri governi ci sono stati tecnici che si sono distinti per tanta alterigia e pochi, pochissimi risultati”. Pensa a Giulio Tremonti? “Questo lo dice lei”, sogghigna. “Certo, per esempio, non pensavo al compianto Tommaso Padoa-Schioppa”.
Geronzi non dice di votare Berlusconi, però non esita a giudicare positivamente le ultime sortite fiscali del leader del Pdl, ad esempio sulla restituzione dell’Imu: “Non comprendo le critiche e le proteste. Mi è parso lucido il commento dell’economista ed ex ministro Francesco Forte sul quotidiano il Giornale. D’altronde lo stesso Bersani ha fatto notare che ci sarà da rimodulare l’imposta. Mi sembra che il peso del fisco sulla casa, e in particolare sulla prima casa, sia un argomento che interessa i cittadini”.
“Piuttosto – secondo il presidente della Fondazione Generali – il problema sono i tempi, l’adeguatezza e la stabilità della copertura, la complessità della trattativa con la Svizzera e dei procedimenti parlamentari da seguire in Svizzera e in Italia. Oltre ai rapporti con Bruxelles”.
C’è però chi contesta la mera finalità elettoralistica, oltre che la scarsa realizzabilità della proposta di Berlusconi. “Ma possibile – sbotta Geronzi – che in questo Paese i tecnici debbano sempre dire che non si può fare nulla? Io penso invece che l’idea abbozzata da Berlusconi sia realizzabile, ferme restando le osservazioni di cui ho detto nonché il fatto che la politica economica non si esaurisce di certo con questa misura”.
Comunque sarebbe opportuno non celare agli italiani che con i vincoli del Fiscal Compact per la finanza pubblica non si potrà scialare troppo sbandierando riduzioni fiscali… “Certo, c’è il Fiscal compact. Ma c’è modo e modo di applicarlo. A me sembra che il governo dei tecnici lo stia applicando troppo pedissequamente”. “Abbiamo rispettato per filo e per segno gli ordini di Bruxelles, per non dire di Berlino, e i risultati economici si vedono. I signori tecnici avrebbero potuto lavorare per modificare vincoli e tempistica degli accordi europei, invece di farsi applaudire all’estero, anche se i presupposti del Fiscal Compact – che sta suscitando le critiche di autorevoli giuristi – furono oggetto di una precedente intesa sottoscritta dall’ex ministro dell’economia Tremonti (“Six pack”). In Italia è stata applicata, senza alcun dibattito nel Paese, una linea non di rigore, ma di esagerato rigorismo in politica economica che va assolutamente invertita. Bisognerebbe operare per introdurre la Golden rule”.
Presidente, parliamo di banche, di Mps e di vicende giudiziarie legate al credito. “Gli squali della finanza estera, grandi esperti di ingegneria finanziaria, hanno avvicinato alcuni manager del credito italiani e ne hanno evidentemente profittato”. Ma non si raccontava che le banche italiane erano quelle più legate al territorio, alle famiglie, alle aziende? “I derivati fine a se stessi sono stati utilizzati anche in Italia, ma in minima parte – risponde – Quello che però è avvenuto, in maniera inappropriata nel caso di Mps, è che la fondazione si sia indebitata fino al collo per non scendere nel capitale dell’istituto di Siena. Una fondazione il cui statuto, per di più, contrasta con la legge Ciampi”.
Infatti il presidente dell’Acri, Giuseppe Guzzetti, l’ha fatto notare esplicitamente, però nessuno s’è mosso. “E chi deve vigilare sulle fondazioni bancarie e non bancarie?”. Il Tesoro. “Ecco. E chi ha ha autorizzato la Fondazione Mps a indebitarsi per partecipare agli aumenti di capitale?”. Il Tesoro, d’accordo, ma non so se il Tesoro ha tali poteri per impedire un indebitamento del genere… “La motivazione non convince. Indebitarsi così, sfidare il dissesto – dice Geronzi – significa compiere una scelta ai confini della legittimità. Poi comunque l’organo di controllo poteva e doveva far leva sulla condizione di uno statuto che presentava profili di contrasto con la legge: più materia di legittimità di questa?” Sempre il Tesoro, presidente: va be’ la lingua batte sul dente tremontiano… “No no, si tratta di una considerazione oggettiva”.
Che fare ora, comunque, per Mps? Secondo Geronzi, il Tesoro potrebbe valutare di nominare due membri del consiglio di amministrazione in rappresentanza propria nel cda di Mps: “Due esponenti che seguano e sostengano il processo di riorganizzazione e di rilancio iniziato dai nuovi vertici. La presenza di due amministratori in rappresentanza dello Stato tutelerebbe la corretta gestione e la trasparenza, nell’uso dei Bond che lo Stato stesso ha prestato a Mps. Si tratta pur sempre di denaro pubblico, o mi sbaglio?” . E’ l’unica soluzione? “Oppure si dovrebbero rafforzare le deleghe dei due esponenti di vertice. Ma occorre far presto e rassicurare l’opinione pubblica”, conclude.