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Le accuse di Teheran contro le sanzioni Usa

Le sanzioni imposte questa settimana contro l’Iran per farlo desistere dal programma nucleare sono un tentativo di fomentare tensioni nel Paese in vista delle presidenziali di giugno, ha denunciato il ministero degli Esteri di Teheran. Ieri era stata invece la guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, a respingere l’offerta di dialogo se prima gli statunitensi non ripenseranno la strategia di imporre sanzioni. “Voi  vorreste discutere, mentre tenete una pistola puntata contro l’Iran. La nostra nazione non sarà intimidita da questo comportamento”, ha detto la guida religiosa. Sono in pochi a credere all’uscita dalla situazione di stallo, almeno non prima del voto di giugno, scrive l’Asia Times, nonostante l’accordo per la ripresa questo mese in Kazakistan dei colloqui tra la Repubblica islamica con i cinque membri permanenti delle Nazioni Unite più la Germania avesse fatto sperare a passi avanti.

Nel commentare le aperture del vicepresidente statunitense Joe Biden durante la Conferenza sulla Sicurezza a Monaco, Pepe Escobar aveva espresso i propri dubbi. Teheran si era detta disponibile se gli Usa avessero dimostrato la serietà delle proprie intenzioni, dove per serio, scrive il giornalista  e inviato di guerra brasiliano, vuol dire senza porre precondizioni sul programma nucleare.

Lo scenario, come in parte ricordato anche oggi dal portavoce degli Esteri iraniano, Ramin Mehmanparast, vede anche la Repubblica islamica intenta ai preparativi per il voto di giugno. Il fronte conservatore che nel 2009 portò alla vittoria di Mahmoud Ahmadinejad è oggi spaccato. Il presidente, che non potrà correre per un terzo mandato, è al centro di una lotta di potere che lo oppone al presidente del Parlamento, Ali Larijani. Tra i principali temi di scontro c’è la politica economica su cui pesano le sanzioni internazionali che colpiscono il settore petrolifero da cui dipende l’80% delle esportazioni iraniane.


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