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Libero scambio con gli Usa l’Europa rincorre l’Asia

Nell’arco di una giornata l’hanno confermato prima Barack Obama e, poi, Olli Rehn. Gli Stati Uniti e l’Unione europea sono pronti a cominciare i negoziati per un accordo di libero scambio. I numeri sono da capogiro. Gli scambi commerciali tra le due sponde dell’Atlantico si aggirano intorno ai 4mila miliardi di euro. Gli investimenti a stelle e strisce pompano un mare di capitali freschi nel Vecchio continente. Circa 1500 miliardi di euro in investimenti Usa, il 60 per cento del totale, finiscono in Europa. Nell’altro verso viaggiano, invece, 1200 miliardi di euro. Certo arrivare ad un accordo non sarà una passeggiata. Basta pensare alle arcinemiche Boing a Airbus, i colossi dell’aeronautica che si combattono a colpi di barriere tariffarie o al settore agroalimentare. Ci sarà da combattere ma per l’Unione europea è una strada praticamente obbligata. Annullare o ridurre barriere e dazi farebbe un gran bene alla boccheggiante economia europea. Il premier irlandese Enda Kenny, dal gennaio alla guida del semestre di turno della presidenza Ue lo ha spiegato chiaramente. “Con 26 milioni di disoccupati nell’Unione Europea – ha detto Kenny – commercio e investimenti sono opportunità per rilanciare crescita e occupazione”. L’Europa stava rischiando di finire sempre più ai margine del commercio mondiale. Da mesi gli Stati Uniti stanno portando avanti con decisione un progetto analogo in Estremo oriente. Nell’area dell’Asia-Pacifico, Washington sta tessendo una fitta rete commerciale attraverso la Tpp (Trans Pacific Partnership), un  accordo che prevede l’abbassamento delle tariffe doganali e la costruzione di quella che – con quasi 800 milioni di consumatori e il 40% circa dell’economia globale – diventerà la più grande zona di libero scambio del mondo. Davanti a questo  sistema di autostrade del commercio trans-continentale (che ha anche la funzione strategica e geopolitica di frenare l’espansionismo della Cina) e di una interdipendenza sempre più profonda tra Stati Uniti e Asia orientale, l’Unione europea non può permettersi di restare a guardare. E’ in atto una grande trasformazione del commercio mondiale che si articolerà attorno ad una serie di alleanze commerciali ancora da definire. Per superare la grande crisi bisognerà vendere più merci e trovare nuovi sbocchi per i prodotti del Vecchio continente. Gli asfittici mercati europei fanno una grande fatica a riprendersi. E’ arrivato il momento che i governanti europei si mettano al lavoro per pianificare le strategie più efficaci per non scivolare in fondo alla classifica del nuovo commercio globale.



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