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Le incognite del nuovo permesso indiano per il rientro dei marò

“È uno sviluppo molto positivo e provo grande soddisfazione. Anzitutto perché consentirà ai nostri due ragazzi di esercitare il loro diritto di voto e di trascorrere quattro settimane con i loro familiari in Italia, ma anche perché la decisione di oggi conferma il clima di fiducia e collaborazione con le autorità indiane e lascia ben sperare per un positivo esito della vicenda”. Così il ministro degli Esteri Giulio Terzi ha commentato la notizia del rientro in Italia di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, a cui la Corte Suprema di New Delhi ha concesso il permesso di quattro settimane per rientrare dall’India e votare nelle elezioni politiche di questo fine settimana. I due marò sono detenuti in India per l’uccisione di due pescatori il 15 febbraio del 2012.

Come è accaduto durante il permesso concesso dall’Alta Corte del Kerala in occasione delle feste natalizie, il giudice capo Altamas Kabir ha accolto le motivazioni del legale Harish Salve e ha autorizzato i due imputati a lasciare l’India dietro alcune garanzie: un impegno firmato da Latorre e Girone promettono di tornare nei tempi stabiliti e una lettera dell’ambasciatore italiano in India, Daniele Mancini, in cui si assicura il ritorno dei due imputati.

Il giallo dei passaporti smarriti
Questa volta Latorre e Girone viaggeranno con documenti emessi dall’ambasciata italiana, visto che i loro passaporti non si trovano, secondo quanto ha comunicato l’agenzia Ansa. Dopo il trasferimento dei due marò a New Delhi il 18 gennaio scorso, il tribunale di Kollam (in Kerala) aveva spedito i documenti via posta al ministero degli Interni, ma sembra che il “trasferimento sia in tramite”. Una volta rilasciati i nuovi passaporti, la sede diplomatica italiana comunicherà alla polizia e alle diverse autorità dell’immigrazione e così procederà in tempi rapidi la partenza. Ma riusciranno ad arrivare ai seggi entro lunedì?

La stampa indiana
In India c’è fiducia nel rientro dei marò e anche viceversa. Secondo il quotidiano The Indian Express, nonostante le polemiche sull’illegalità del processo, Latorre e Girone si sono rivolti alla Corte suprema per chiedere di nuovo un permesso per uscire dall’India. In precedenza si era detto che i marò potevano votare dall’estero ma, dopo la richiesta del permesso, sono stati richiesti chiarimenti dagli avvocati. “I marò hanno già visitato la loro casa in una precedente occasione e sono tornati ad affrontare il processo giudiziario, come promesso”, ha precisato The Indian Express.

Il giudice Altamas Kabir ha spiegato nella sentenza che quanto accaduto il 15 febbraio del 2012 non può essere considerato “un incidente di navigazione” ma un atto “criminale” per cui non possono essere annullati i procedimenti penali. Ed è stato proprio lui ad attivare il trasferimento dalla Corte Suprema al Centro del tribunale speciale a New Delhi.

Il quotidiano Hindustan Times, invece, chiede chiarimenti sulle possibilità che i due marò non scontino la pena in India. La questione è sollevata a causa dell’accordo tra l’India e l’Italia, firmato il 17 dicembre del 2012, e che dovrebbe entrare in vigore due mesi dopo lo scambio di comunicazioni diplomatiche da entrambe le parti. “Mentre l’Italia ha già inviato la sua lettera diplomatica, l’India deve ancora completare il processo…. Questo incidente ha portato il governo italiano a prendere dei provvedimenti forti nei confronti con l’India, sia a livello diplomatico ma anche politico”, ha scritto il giornale indiano.

E se i marò non tornassero in India?
A dicembre, Formiche.net si è occupato delle implicazioni giudiziali a livello internazionale a proposito del rientro di Latorre e Girone per le feste natalizie. In un’intervista, Alessandro Pizzuti, perfezionando della Scuola Superiore Sant’Anna e collaboratore dello studio Cinquepalmi di Milano, ha spiegato che in linea teorica le dichiarazioni giurate fornite dall’ambasciatore d’Italia in India e dal console generale di Mumbai “possono integrare gli estremi di una vera e propria obbligazione internazionale in capo all’Italia”. Per questo motivi era un obbligo indiscutibile di responsabilità internazionale.

Secondo l’avvocato – che si occupa di diritti umani e diritto penale a livello nazionale ed internazionale –  se i due marò non compiono le promesse fatte alla Corte Suprema, l’India potrebbe portare l’Italia davanti alle opportune giurisdizioni internazionali (tra le quali la Corte internazionale di giustizia o la Corte permanente di arbitrato internazionale) richiedendo l’adempimento dell’obbligo assunto, oppure un’altra forma di compensazione. Oltre alle ripercussioni sul piano commerciale nei rapporti dei due Paesi.

Che la vicenda sarà risolta, non ha nessun dubbio neanche l’ex ministro degli Esteri, Franco Frattini. In un’intervista con Formiche.net, ha ricordato che l’errore è stato fatto all’inizio perché quella nave non doveva rientrare in territorio indiano quello sfortunato 15 febbraio del 2012. Adesso però non resta che aspettare la decisione del tribunale, dato che l’India è uno Stato diritto e il diritto è dalla parte dei due marò italiani. La pesante incognita è quanto tarderà ad arriverà quell’attesa decisione.



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