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La naufragata grande coalizione di Monti tornerà dopo le elezioni

Per un anno e più siamo vissuti su un equivoco e le elezioni lo alimentano. L’equivoco si chiama governo tecnico e la campagna elettorale esaspera l’idea che siamo stati guidati da un gruppo di tecnocrati e professori asserviti al complesso bancario-industriale germanico. E’ il cavallo di battaglia sia di Berlusconi sia di Grillo. Ma anche Bersani con il suo tira e molla, un giorno fiero avversario e un giorno alleato potenziale, cavalca l’idea che sia finito il tempo della tehcné. Politique d’abord. In realtà non è così.

Come è nato l’esecutivo tecnico

Facciamo un passo indietro all’orribile autunno 2011, dopo che Napolitano mette in piedi l’astuta operazione. Monti non vuole un governo tecnico, ma politico e chiede l’ingresso dei leader dei partiti che lo voteranno, con il ruolo di vicepresidenti del Consiglio. Berlusconi è d’accordo e propone Alfano, Casini ci sta, Bersani no. Il capo del Pd avrebbe preferito andare subito alle urne e sconfiggere una volta per tutte Berlusconi,  quindi si sente in qualche modo ingabbiato dalla sottile e ardita manovra del “suo” presidente al quale, ovviamente, non può dire di no.

L’idea di Napolitano e la proposta di Monti

Dispiaciuto e alquanto seccato, Monti propone un’alternativa: Enrico Letta. Bersani non è d’accordo, se fosse vicepresidente del consiglio, avrebbe una posizione superiore di fatto alla sua. E sottosegretario nel ruolo che ebbe Gianni Letta con Berlusconi? Troppo poco. Allora Monti estrae dal cappello Giuliano Amato, magari come ministro degli Esteri o superministro dell’Economia. “Perfetto – dice Bersani – Giuliano è fantastico in qualsiasi ruolo. Ma…” “Ma?” Chiede Monti sulle spine. “Ma non ci rappresenta, non è nemmeno iscritto al Pd”.

Perché morì il governo di grande coalizione

Naufragò così, per volontà di Bersani, l’ipotesi di un governo di grande coalizione, un governo politico, guidato da Monti neo senatore a vita, nominato a bella posta da Napolitano per dare peso politico e parlamentare all’operazione. Quindi Monti non nasce come un Dini o come un Ciampi, al contrario della vulgata che tutti i partiti, in modo interessato, hanno messo in giro.

La strada obbligata

La commedia degli equivoci è ricominciata. Berlusconi, allora il più convinto, ha fatto una campagna elettorale contro Monti, Bersani il più ostile, ha dovuto sostenere anche le scelte del governo pesanti per gli elettori di sinistra. E tutti a giurare “una grande coalizione mai”. Sapendo che, se così vanno le cose, diventerà una strada obbligata.

La ricostruzione di Scalfari

La ricostruzione viene da Eugenio Scalfari e l’ha fatta durante un dibattito sul libro (anti montiano) di Franco Debenedetti, insieme con Giuliano Ferrara e Antonio Polito. Non è uno scoop, il fondatore di Repubblica non ha rivelato novità assolute. Ma la memoria è corta, ancor più quella dei politici e dei giornalisti.


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