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L’ombra del Qatar sul Mali

Hamad bin Jalifa Al Thani

Articolo tratto dal dossier “Finmeccanica, Mediterraneo in fiamme, Italia e Ue” di Affari Internazionali.

Il 5 febbraio, Le temps d’Algerie ha pubblicato un articolo che ha riaperto il dibattito sull’atteggiamento del Qatar nei confronti della crisi maliana. Secondo il quotidiano algerino “due aerei qatariani sarebbero atterrati nel nord del Mali per prelevare alcuni jihadisti ed impedire il loro arresto”. Questa informazione, che peraltro non è stata smentita dall’emirato, spiegherebbe perché i capi dei gruppi islamici ancora non sono stati catturati dall’esercito francese, che continua la sua avanzata nella parte settentrionale del paese. In questi ultimi mesi sono circolate alcune indiscrezioni su presunti legami tra il Qatar e i ribelli che da aprile occupano il nord del Mali. Secondo queste voci, Doha fornirebbe un sostegno economico e logistico ai terroristi islamici.

Indizi
I primi sospetti su un possibile coinvolgimento qatariano risalgono a giugno, quando il settimanale francese Le canard enchainé ha pubblicato un articolo intitolato Il nostro amico del Qatar finanzia i terroristi del Mali. Il pezzo, scritto dal giornalista Claude Angeli, rivelava che l’emirato finanzia direttamente i tre principali gruppi jihadisti: Ansar Dine, Aqmi (Al Qaeda nel Maghreb islamico) e Mujao (Movimento per l’unicità della jihad in Africa occidentale). Lo scoop era nato grazie a delle indiscrezioni trapelate dai servizi segreti francesi (Dgsm e Drm), ma non riferiva la cifra esatta stanziata in favore degli islamici.

Pochi giorni dopo la pubblicazione di questa notizia, il Qatar inviò a Gao, capoluogo nel nord del Mali, una missione umanitaria che aveva lo scopo ufficiale di valutare la situazione e fornire eventuali aiuti alla popolazione locale. Secondo alcuni testimoni, primo fra tutti il sindaco della città Sadou Diallo, gli inviati qatariani entrarono in contatto con gli uomini del Mujao che occupavano il centro per rifornirli di armi e munizioni. Radio France International (Rfi) riportò che “La spedizione umanitaria sarebbe venuta dal Qatar senza avvertire nessuno, neanche il Comitato internazionale della croce rossa (Cicr) che coordina gli aiuti umanitari nelle zone di guerra”.

Interessi del Qatar
Nonostante l’emirato abbia sempre smentito ogni rapporto con i gruppi ribelli, i sospetti rimangono forti, soprattutto se si pensa agli interessi economici che il Qatar potrebbe avere nei territori attualmente occupati. Il sottosuolo del Mali infatti, è ricco di oro, uranio, petrolio e gas naturali, risorse che naturalmente fanno gola a Doha (ma anche a Parigi e a Pechino). Il Mali non dispone delle infrastrutture necessarie per poter sfruttare il suo patrimonio minerario, al contrario del piccolo emirato che sarebbe pronto ad intervenire con attrezzature adatte.

In un articolo pubblicato su Doha News il 25 gennaio, Michael Stephens, ricercatore alla Royal United Services Institute for Defence and Security Studies in Qatar, ha dichiarato che “ il Qatar ha degli interessi nel supportare i movimenti islamici perché in futuro potrebbero avere un ruolo significativo nella dirigenza del paese.” Stephens prospetta una divisione geopolitica del Mali “in cui la parte nord del paese sarebbe governata dai ribelli islamici, che si troverebbero in debito con il Qatar per il suo sostegno finanziario”.

Doha potrebbe servirsi dei jihadisti per estendere le sue influenze nella zona del Sahel. Questa strategia farebbe parte di un progetto più ampio che ha come scopo principale quello di affermarsi in un territorio strategico in cui l’emirato non ha ancora un peso politico decisivo. Una situazione di instabilità come quella attuale lo aiuterebbe ad inserirsi tra le grandi potenze occidentali, come la Francia e gli Stati Uniti, e i paesi dell’Unione africana.

Inoltre, un appoggio ai jihadisti potrebbe compromettere i già delicati rapporti con l’Algeria, principale potenza regionale. Nonostante i due paesi siano legati tra loro da accordi economici (alcuni firmati lo scorso 18 gennaio), il Qatar è stato più volte accusato di voler destabilizzare la potenza maghrebina, indebolendola dal punto di vista economico e sociale. Nei mesi scorsi, il governo di Algeri è stato quello più impegnato per cercare una soluzione pacifica alla crisi maliana, intavolando trattative con i terroristi islamici che però non hanno dato gli effetti sperati. La paura è che i gruppi ribelli sconfinino in Algeria. A questo bisogna aggiungere i tre ostaggi algerini che da aprile sono nelle mani del Mujao e il blitz di Al Quaida nel Maghreb islamico nel sito di estrazione di gas a In Amenas, che ha provocato la morte di 23 ostaggi e 32 terroristi.

Rapporti con la Francia
Le accuse mosse al Qatar mettono in imbarazzo l’Eliseo, visti i rapporti commerciali che legano i due paesi. Gli investimenti di Doha in terra d’oltralpe riguardano diversi settori: dall’aerospaziale all’edilizio, passando per l’idrico e l’energetico. Due settimane fa Marine Le Pen, presidente del partito di estrema destra francese Front National, ha puntato il dito contro l’emirato e contro il governo di Hollande, dichiarando che “La Francia è alleata del Qatar, paese che ha armato tutti i terroristi islamici del mondo. Si sa che il Qatar è al fianco degli islamici”.

Alcuni giorni dopo, la senatrice comunista Michelle Demessine ha rincarato la dose, ponendosi una domanda dal sapore retorico e provocatorio: “Chi arma i gruppi nel Nord del Mali, se non il Qatar?”. Per tutta risposta, lo scorso 18 gennaio, il primo ministro del Qatar, Hamad bin Jassem, ha espresso i suoi dubbi riguardo l’intervento francese in Mali. Lo sceicco ha infatti dichiarato che “il dialogo politico è importante” e che “il problema dovrebbe essere trattato dai paesi confinanti, dall’Unione africana e dal Consiglio di sicurezza dell’Onu”.

Secondo alcuni esperti, il Qatar starebbe continuando una silenziosa attività diplomatica avviata durante le primavere arabe. L’emirato ha finanziato i Fratelli musulmani in Egitto, il partito Ennahda in Tunisia e i ribelli in Libia, divenendo in questo modo un punto di riferimento per l’Islam politico di quei paesi. L’Africa occidentale potrebbe essere il nuovo obiettivo dell’emirato, e i gruppi di ribelli islamici rappresenterebbero uno strumento per raggiungere questo scopo.

Danilo Ceccarelli è analista di politica internazionale freelance.

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