Grazie all’autorizzazione dell’editore, pubblichiamo il commento di Marco Bertoncini comparso sul numero odierno del quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi.
Il “no alla fiducia” espresso da Beppe Grillo rispondendo a Pier Luigi Bersani non va interpretato come un affossamento della possibile intesa del M5S con l’alleanza maggioritaria alla Camera e boccheggiante al Senato. I grillini devono tenersi distanti da giochi di palazzo, alleanze organiche, patti di maggioranza, appoggi esterni, astensioni mascherate da “non sfiducia”, bizantinismi, riti, regole non scritte imperversanti nel palazzo. Debbono mostrarsi puri da compromessi. Tuttavia hanno l’esigenza di attestare che i voti ricevuti non sono buttati via. Compete loro far vedere che si tratta di un investimento proficuo, tale da generare riforme attese da milioni di cittadini.
La strada indicata da Grillo è semplice: il voto sarà dato sui singoli provvedimenti. Si può essere certi che leggi del peggior ambientalismo, dirigistiche, ostili a qualsiasi liberalizzazione, troveranno l’adesione di eletti che hanno in larga misura idee di sinistra, sovente estrema. Altrettanto troveranno appoggio progetti popolarissimi: dimezzamento (non semplice riduzione) dei parlamentari, abolizione (non ridimensionamento) del finanziamento ai partiti, e via di questo passo.
Per raggiungere questo obiettivo il mezzo è abbastanza semplice, tanto che già ne parlano pubblicamente gli stessi grillini e ne discutono Pd e Sel. I parlamentari grillini al momento della fiducia al governo (ministri Pd, Sel e indipendenti) escono dalle aule. Così, a ogni voto di fiducia. Per il resto, sostengono i provvedimenti che ritengono di appoggiare.
Che la soluzione sia farraginosa e metta il centro-sinistra in balìa di Grillo, tutti lo capiscono. Il problema, però, è così complesso da farla apparire accettabile a più di un democratico.