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Perché ha rinunciato e perché ora scudiscia. Papa Ratzinger visto da Messori

Vittorio Messori, classe 1941, è uno dei più importanti giornalisti e scrittori cattolici italiani. Ha avuto il privilegio, unico al mondo, di scrivere un saggio (“Varcare la soglia della speranza”) con Giovanni Paolo II, tradotto in ben 53 lingue. Legato da profonda amicizia con Papa Benedetto XVI, Messori è stato anche autore del libro-intervista “Rapporto sulla fede”, scritto con l’allora cardinale Joseph Ratzinger. Un Papa che dopo quasi otto anni di pontificato ha deciso di rinunciare al proprio ministero. Come verrà ricordato, dunque, questo pontificato? Chi è veramente Benedetto XVI? Ma, soprattutto, perché ha lasciato anzitempo? Formiche.net lo ha chiesto a Vittorio Messori.

Benedetto XVI ha deciso di rinunciare alla cattedra di Pietro. Come interpreta questo gesto? E’ il “gran rifiuto” di dantesca memoria o, come dice Ferruccio de Bortoli sul Corriere della Sera, un gesto che imprime “una svolta di grande modernità alla Chiesa”?

Quando gioca la nazionale di calcio, ci sono sessanta milioni di commissari tecnici. Ora, invece, viste le circostanze, sono tutti vaticanisti. Sento in giro, in queste ore, tante banalità e vedo tanta disinformazione provenire, in particolare, da chi pensa di avere la spiegazione in tasca per ogni azione del Papa. Posto che, tra l’altro, ho sempre riso dei dietrologi, l’unica vera ragione della rinuncia di Papa Benedetto XVI è l’implacabile anagrafe. Il Papa ha quasi 86 anni, è vecchio e quindi è malato per definizione. Il Pontefice non è, come sento dire, un uomo solo. E’, semplicemente, il gesto di una persona realista che dice ed ammette: “Non ce la faccio più”.

Dovrà però ammettere che le tensioni all’interno della Curia non lo avranno certo aiutato nell’esercizio della sua azione pastorale. Il Papa stesso, ieri, nel corso della celebrazione per le ceneri ha dichiarato che “le divisioni deturpano la Chiesa. Bisogna superare la rivalità”.

Escludo in maniera totale che, dietro la decisione di Benedetto XVI, vi sia un complotto contro il Papa. Così come da un lato c’è parecchia gente che non gli vuole bene, dall’altro lato c’è tanta gente che nutre un affetto sincero e profondo nei suoi confronti. E’ comunque inutile fare i moralisti: la Chiesa è duplice, è bifronte essendo, al contempo, un mistero ed una istituzione umana. Non scopriamo certo oggi che la Curia romana è un nido di vipere.

Papa Benedetto XVI viene spesso descritto come un uomo mite, schivo, più avvezzo a “stare chino sui libri” che a discutere gli affari di Stato. C’è chi, poi, lo ha spesso descritto come un “panzer kardinal” o come un “pastore tedesco”. E’ questa la persona che lei ha conosciuto quando scrisse con lui il libro-intervista “Rapporto sulla fede”?

Intorno al cardinale Ratzinger, e poi a Benedetto XVI, sono sempre circolate delle leggende determinate dai pregiudizi. Per l’ideologo, infatti, contano gli schemi, non i fatti. E certo il fatto di essere a capo dell’ex Sant’Uffizio, di essere tedesco e di essere stato arruolato nella gioventù hitleriana non lo hanno aiutato. C’erano tutti gli ingredienti per considerarlo come il legittimo erede di Torquemada.

E invece ?

Basta guardare a cosa ha fatto nel periodo in cui è stato alla guida della Congregazione per dottrina della fede. Sa quale è stato il gesto più duro da lui compiuto? Convocare in Vaticano il padre della teologia della liberazione, offrirgli un caffè ed invitarlo a tacere per almeno un anno. Lei definirebbe questa persone come il “grande persecutore”? Benedetto XVI è sicuramente un uomo mite e schivo ma ha un grande dono che io vorrei la Chiesa annoverasse tra le virtù cardinali, quello dello humour. Una volta mi invitò a pranzo e mi disse: “Dottor Messori, lei ora mi racconta le barzellette che circolano su di me nelle varie sacrestie”. Io gliele raccontai e lui rise a lungo. Benedetto XVI è semplicemente un uomo che ha accettato di essere sottratto alla sua vocazione, ovvero quella dello studio, dell’università, per amore della Chiesa. E di questo, certo, un po’ ha sofferto.

Lei ha conosciuto anche Giovanni Paolo II, con il quale ha scritto il libro “Varcare la soglia della speranza”. Quanto ha pesato sulla decisione di Benedetto XVI il ricordo dell’agonia di Giovanni Paolo II? L’ex segretario di Papa Wojtyla, il cardinale Dziwsz, ha commentato a caldo: “Non si scende dalla croce”.

Ogni uomo, ogni Papa è diverso dall’altro. Ognuno ha la possibilità di interpretare il vangelo entro coordinate intoccabili. Giovanni Paolo II era certamente un uomo segnato profondamente dal misticismo slavo. Io stesso lo vidi pregare nella sua cappella privata sdraiandosi sul pavimento con le braccia a forma di croce. Wojtyla ha fatto la scelta di trasformare in insegnamento evangelico la sua sofferenza e ha voluto testimoniare la croce. Benedetto XVI è diverso. E’ il classico intellettuale mitteleuropeo. Ciò che per lui conta è la razionalità e vista la sua forma-mentis ha fatto un ragionamento di buon senso, riconoscendo a se stesso di non avere più le forze per andare avanti. Il gesto di Papa Ratzinger, però, deve essere letto in una prospettiva religiosa dato che la Chiesa non è una multinazionale e il Papa non è un amministratore delegato. Benedetto XVI, infatti, non ha scelto il disimpegno, ma ha deciso di dedicarsi alla Chiesa attraverso la preghiera. “Il cuore della Chiesa è dove si prega” ama ripetere il Papa.

La decisione di rinunciare al ministero petrino da parte di Benedetto XVI arriva lo stesso giorno della prima apparizione della Vergine di Lourdes. Solo una coincidenza?

No, non è certo un caso. Benedetto XVI è particolarmente devoto a Lourdes. Uno dei suoi pochi viaggi internazionali fu proprio a Lourdes. Ricordo come il programma prevedesse solo tre discorsi ufficiali, ma alla fine i discorsi furono ben quindici. Sottolineo, però, come l’11 febbraio sia, per volontà di Giovanni Paolo II, la giornata mondiale del malato. Benedetto XVI, in quanto vecchio, si sente malato. E’ un segno di solidarietà nei confronti di chi soffre, di chi è anziano e sta male.

Quale posto avrà questo pontificato nella storia della Chiesa? Rimarrà solo il ricordo del mancato accordo coi lefebvriani, della pedofilia, degli scandali finanziari e di Vatileaks?

E’ sicuramente un po’ presto per fare dei bilanci. Per poter parlare di “posto nella storia” bisognerebbe aspettare almeno due secoli. Certo è che si è trattato di un papato che ha ricentrato su Roma il magistero. Papa Giovanni Paolo II aveva scelto di inaugurare un papato ambulante, itinerante dato che si considerava come il “Vescovo del mondo”. Nel pontificato di Papa Wojtyla è la Curia che prevale, è a lei che viene affidato il governo della Chiesa. Benedetto XVI è, invece, un Papa che ha cercato di amministrare la Chiesa, che ha fatto nomine e spostamenti nel segno del ritorno del centro. E lo ha fatto in silenzio, rimanendo dietro alla scrivania.

Un’ultima domanda. Quale posto avrà la decisione di Benedetto XVI di rinunciare al pontificato sulle elezioni politiche italiane? Sarà valido il motto “Libera Chiesa in libero Stato”?

Siamo seri! Mi rifiuto di scorgere un collegamento tra la decisione di Benedetto XVI e la squallida campagna elettorale italiana. Alcuni guru dell’ultima ora sembrano sostenere che Benedetto XVI abbia rinunciato all’incarico al fine di ricompattare in un unico partito i cattolici italiani. Sa osa penso di questo? Che sono miserie da Bar Sport.



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