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Revelli: pronti a raccogliere eredita’ fallimento dei partiti

La sfida culturale di Alba per un rinnovato modo di intendere e di fare politica, e’ appena iniziata e, subito dopo le elezioni del 24 e 25 febbraio, sara’ rilanciata. “Dobbiamo prepararci, essere pronti a raccogliere l’eredita’ del fallimento dei partiti, che e’ sotto gli occhi di tutti per la loro disgregazione di base: anche se votero’  Rivoluzione Civile, cio’ non impedira’ la prosecuzione del nostro lavoro collettivo in direzione di una nuova cultura politica di sinistra, perche’ siamo convinti che cambiare e’ possibile”, sostiene uno dei firmatari del ‘Manifesto per un soggetto politico nuovo, per un’altra politica nelle forme e nelle passioni’, Marco Revelli, il sociologo e politologo che, assieme allo storico Paul Ginsborg, al sociologo Luciano Gallino, che ha annunciato il suo voto per Sel, e al giurista Stefano Rodota’  tra gli altri, ha dato vita al movimento Alba. E per Revelli i partiti sono avviati al fallimento come teorizza nel nuovo libro ‘Finale di partito’ in uscita per Einaudi. “Il mancato accordo con Ric e’ stato certamente un’occasione persa, ma andiamo avanti con la nostra battaglia culturale perche’ cambiare e’ possibile”, aggiunge. Insomma, nonostante lo ‘stop’ ad una alleanza che sembrava cosa fatta, “la ricerca di una nuova e diversa cultura politica di sinistra non s’interrompe, anzi, dopo le elezioni, la vogliamo ulteriormente sviluppare ed arricchire”, dice Ginsborg. Da dove ri-cominciare? “Da un lavoro e da un processo di formazione politica”, annuncia Revelli. Per puntare alla rottura della delega per la partecipazione dal basso, una nuova etica e laicita’ della politica, la sua depurazione e disintossicazione dal denaro, dalla finanza. Nell’attuale contesto culturale davvero povero, c’e’ pero’ un rifiorire – per merito di tre libri editi da Donzelli: ‘Il Moderno Principe’, di Carmine Donzelli; ‘I due carceri di Gramsci’, insignito del Premio Viareggio 2012 e ‘L’Enigma del quaderno’, entrambi del filologo e storico Franco Lo Piparo – della ‘questione gramsciana’  che e’ ben lungi dall’essersi esaurita e soprattutto dall’essere Gramsci secondo la ‘vulgata togliattiana’ l’antesignano della  ‘via italiana al socialismo’, formulata da Palmiro Togliatti, all’indomani della Liberazione, cioe’ la scelta democratico-parlamentare al posto della ‘rivoluzione bolscevica’. “Siccome il nuovo non si crea distruggendo e cancellando il vecchio, Gramsci resta ed e’ un gigante della teoria, una fonte ricca di stimoli, il testimone piu’ autorevole di come si e’ entrati nel ‘900: e’ un bene pertanto che se ne torni a parlare, perche’ Gramsci va ancora letto, studiato ed approfondito”, chiosa Revelli. Al pari, pero’, di Piero Gobetti. “Sono i due grandi protagonisti del ‘900. L’uno, Gramsci di formazione marxista, l’altro, Gobetti di formazione liberale, ma entrambi ‘rivoluzionari’ per come seppero integrare, compenetrare, il marxismo con il liberalismo ed il liberalismo con il marxismo”. Non a caso Torino e’ stata la culla del ‘gramsciazionismo’ di quel movimento culturale d’élite che voleva coniugare il metodo e i valori liberali con la sinistra italiana senza scadere nell’anticomunismo di maniera e dal quale prese vita il Partito d’Azione.


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