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Viaggio in Asia. Qui Singapore (terza puntata)

Il potenziale creativo e d’innovazione racchiuso tra le mura – ormai ideali – delle città stato contemporanee è dimostrato, ancora una volta, dalla capacità di attrazione di capitale umano e talenti di cui stanno dando prova diverse regioni del mondo, Singapore in testa. Forte di un mix tra approccio dirigista, investimento di capitale pubblico, prevalentemente destinato alla costruzione di infrastrutture hardware e software, e di significativa presenza e capacità di co-decisione di operatori privati, nel giro di pochi anni, la città stato ha deciso di orientare le proprie scelte di sviluppo su pochi settori tecnologici ad alto potenziale. Tra questi, l’’attenzione per la biomedicina e la biotecnologia, ad ampio spettro, è testimoniata da imponentissime dotazioni di strutture e facilities di R&S costruite in una apposita area – un vasto parco scientifico e tecnologico con importanti laboratori – Biopolis.

Se l’umanità sembra giunta sulla frontiera del possibile, il futuro potrebbe accadere a Singapore. Un’esplosione tecnologica nei campi della robotica, dell’ICT, delle biotecnologie, dei materiali e, soprattutto – la contaminazione e co-integrazione di tutti questi settori – spingerà entro breve tempo le capacità d’innovazione verso una terza rivoluzione industriale. Ancora una volta – la capacità pragmatica e l’approccio eticamente neutro – espresso da Singapore, così come da altri centri del Sud Est Asiatico, potrebbero fare oscillare la bilancia della distribuzione del potenziale e capacità di R&S&I – quindi della crescita industriale ed economica – verso est, dove vigono regole e standard etici per le attività di ricerca, molto meno rigide (e quindi generative di costi) di quelle europee o statunitensi. Questo è particolarmente vero per settori ad elevatissimo potenziale come la biomedicina e le biotecnologie, che tuttavia sollevano frequentemente questioni di carattere etico.

Il modo in cui intendiamo la medicina si sta infatti già trasformando. Se fino ad oggi si è intervenuti per curare una malattia, o riparare un difetto, l’incrocio – l’ibridazione – di diverse tecnologie emergenti, come avviene già con la nanomedicina, può condurci ad una rivoluzione. Il nuovo paradigma potrebbe essere quello della modifica migliorativa. Già oggi l’esercito USA sta sperimentando forme di interventi per aumentare le capacità visive di soldati, che possano, ad esempio vedere meglio al buio (dote preziosa per un pilota che atterri su una portaerei). Di qui ad immaginare “inserti” o gadget che ci facciano sentire frequenze ineffabili all’orecchio umano, o correre più velocemente, o aumentino la nostra capacità computazionale, il passo è breve.

Potenziare le caratteristiche del corpo umano potrebbe anche rendere accessibile agli umani l’incremento di competitività e produttività oggi necessario, per contrastare le capacità di robot sempre più sofisticati che progressivamente sostituiscono gli esseri umani nei luoghi di lavoro.


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