Duecento o trecentomila in Piazza del Popolo, per l’occasione diventata “Piazza del Popolo della Libertà”, poco importa. Resta il fatto che l’appello del Cavaliere alla mobilitazione è stato raccolto e ancora una volta i fedelissimi sono scesi in piazza, pronti a combattere una nuova battaglia a fianco del loro leader.
Lotta all’oppressione burocratica, tributaria e giudiziaria le parole d’ordine di Berlusconi e l’occasione per levarsi alcuni macigni dalle tasche: Fini, Casini, Di Pietro e Ingroia; gli avversari delle ultime come delle prime ore, finiti miseramente dopo il voto di Febbraio, con l’aggravante per il duo bolognese di aver favorito, con il loro distinguo, quello 0,3 % grazie al quale Bersani e il PD si stanno prendendo tutto.
Rimotivare la base allo scontro, nel momento in cui la nuova quasi maggioranza parlamentare sta tentando di porre in essere la fuoriuscita del leader dell’opposizione,se non con il trucco dell’ineleggibilità o del conflitto di interessi, con l’aiutino mai venuto meno di certa magistratura compiacente. Era questo l’obiettivo nemmeno troppo nascosto della manifestazione romana del PdL.
Il Cavaliere non ci sta e, come deve aver chiaramente detto a Napolitano, non solo non si tira indietro, ma nemmeno starà fermo se l’occupazione già effettuata delle due massime cariche parlamentari, dovesse essere completata, con la presidenza del consiglio e quella della Repubblica, al partito che non ha raggiunto il 30 % dei consensi elettorali nel Paese.
Un nome per tutti fuori gioco: quello di Romano Prodi, all’elezione eventuale del quale potrebbe saltare la Santa Barbara nei rapporti politici e sociali in Italia. E se Bersani o altro PD dovesse guidare il governo, stavolta la Presidenza della Repubblica dovrà passare a un esponente del centro-destra, in attesa di un cambiamento del sistema con un presidente della Repubblica eletto direttamente dal popolo. Ottima materia di scambio per una legge elettorale a doppio turno, così cara ai vecchi del PCI, PDS, DS e sino alla maggioranza attuale del PD.
Netta anche l’alternativa all’altro tipo di populismo di Grillo, espressione, come ha sostenuto Berlusconi, dei malumori diffusi e che ha portato in Parlamento una schiera di improvvisati deputati e senatori, molti dei quali provenienti dai centri sociali, dai gruppi anarchici e di sinistra. Un movimento che, secondo il Cavaliere, irresponsabilmente Bersani tenta di blandire tentando di scambiare per il più elegante metodo denominato “ scouting” con la misera compravendita propria del trasformismo parlamentare, di cui, viceversa, Berlusconi e il centro-destra è chiamato a rispondere persino dal solito PM napoletano in cerca di pubblico consenso.
No, stavolta non siamo nel 1994 e sarà dura con la risposta venuta da Piazza del Popolo, far passare a Berlusconi la Via Crucis sperimentata tragicamente da Bettino Craxi alla fine della Prima Repubblica.
E se ne facciano una ragione i Santoro, le Annunziata e le Lilli Gruber di turno nei talk show televisivi alla moda: gli “impresentabili” sono tanti e nel Paese permane una grande componente di centro-destra, con cui se si vuole seriamente affrontare la grave situazione in cui versa l’Italia e l’Europa si dovrà necessariamente tenere rispettosamente conto.
Scorciatoie furbesche e trasformiste nel difficile equilibrio espresso dal voto non ce ne sono. O Bersani e il PD rivedono, come lo stesso Presidente Napolitano sembra aver suggerito, la loro strategia o la strada del ritorno alle urne sarà inevitabile.
Anche l’occupazione totale di tutte le casematte istituzionali se si dovesse verificare, con il clima che si respirava ieri a Piazza del Popolo, temo che si tradurrebbe in uno scontro che non si limiterebbe alle sole aule parlamentari.
La via di un diverso rapporto tra le due maggiori forze politiche e parlamentari, PD e PdL, sembra la più realisticamente perseguibile, se non si vogliono correre rischi di tipo greco o cipriota, e una campagna elettorale che finirebbe con l’imperniarsi tra due populismi di diversa natura, ma concorrente pericolosità: quello berlusconiano annunciato e quello programmatico del Movimento Cinque Stelle di Grillo.
Rete telematica e piazza, le armi comunicative del comico genovese; media televisivi e ritorno alla piazza, la risposta di Berlusconi pronto ad esercitare la sua egemonia sul fronte di centro-destra in un nuovo modi di organizzazione della politica: tanto sul piano della democrazia delegata nelle istituzioni, quanto su quello della democrazia diretta nelle piazze e nelle strade dell’Italia.
A sinistra, con la confusione ideologica che nel PD si ritrova, da Vendola a Renzi, e la crisi della stessa storica cinghia di trasmissione della CGIL, credo che sarebbe molto difficile una partecipazione alla pari con il confronto suddetto. Tutto ciò con gravi rischi per le stesse sorti democratiche dell’Italia.
Uno scenario inquietante, rispetto al quale la dirigenza del PD dovrà seriamente meditare. Farsi solleticare da certa magistratura militante o dai cecchini della sinistra interna, oltre al naufragio di Bersani, farebbe correre seri rischi al Paese che di tutto avrebbe necessità, fuorché di drammatiche avventure.
Un motivo in più anche per noi “DC non pentiti” per accelerare il difficile cammino che ci siamo proposti, al di là delle contraddittorie decisioni che, anche su di noi, un’incomprensibile magistratura con estrema fatica sta per assumere.
Ettore Bonalberti