Grazie all’autorizzazione dell’editore, pubblichiamo l’editoriale di Pierluigi Magnaschi comparso sul quotidiano Italia Oggi.
Le consultazioni di Pier Luigi Bersani per la formazione di un nuovo governo si sono subito schiantate ieri contro il no degli M5S, cioè dei grillini, che si sono limitati a ribadire (con solo qualche vaffanculo in meno rispetto a quelli che lanciava Beppe Grillo) ciò che stanno dicendo già dalla loro campagna elettorale. Si sa che la politica italiana sia intraducibile per gli stranieri. Noi, con l’aiuto di una traduttrice bilingue come poche (a proposito, complimenti e grazie!) ci riusciamo, ma solo sul piano lessicale, non certo sul piano dei fatti.
Quale altro leader di qualsiasi altro Paese civile, dopo essere stato investito da una gragnuola di male parole, accetterebbe di incontrare di nuovo chi lo ha brutalmente svillaneggiato nella prospettiva di essere mandato di nuovo a quel Paese? Per quanto mi sforzi di ricordare, posso dire, con certezza, che non ne ricordo nessuno. E questo avverrebbe, non perché il leader di partito straniero abbia la pelle delicata (se fosse così, non sarebbe diventato, anche all’estero, un leader politico) ma perché il segretario di un partito rappresenta, non solo se stesso, ma anche tutti coloro che, credendo in lui, lo hanno votato.
Le invettive che ha subìto Bersani non sono dirette solo a lui ma anche a tutti coloro che hanno votato il Pd e a coloro che, nel passato, hanno contribuito a scrivere la storia di questo partito che è orgoglioso di «venire da lontano» e che, se continuerà ad andare avanti così, non andrà certo molto lontano, come invece aveva profetizzato a suo tempo Antonio Gramsci, che però, per sua fortuna, non aveva mai incontrato sul suo cammino Beppe Grillo.
Accanto alla sarabanda di invettive, gli M5S dicono anche cose sacrosante ma sinora considerate da tutti tabù e quindi indicibili. Essi, ad esempio, hanno detto che, se fossero stati incaricati di formare il governo, non avrebbero consultato le cosiddette parti sociali (sindacati e organizzazioni imprenditoriali più qualche foglia di fico) perché loro «sono» le parti sociali. Sono bastate queste poche parole per tirare giù il teatro ammuffito delle convenzioni polverose e per dire, in sostanza, che il re è nudo. Ma il re (che non è solo Bersani) fa finta di non avere capito. Non essendosi coperto, finirà nel ridicolo.