In questi giorni, è tornata alla ribalta l’annosa questione della perdita di competitività del mercato del lavoro italiano; un problema che esiste da anni e che i diversi governi che si sono succeduti non sono riusciti a risolvere.
Il costo del lavoro nel nostro Paese è, infatti, nettamente superiore alla media dei paesi OCSE, e ciò è causato dall’assenza di una sana politica industriale che incentivi la riduzione del carico fiscale e contributivo dei salari. Ed è per contenere tale fenomeno che l’ultimo governo ha posto in essere la riforma del famigerato articolo 18 dello statuto dei lavoratori, senza grandi successi.
Ha confermare la difficile situazione economica nazionale l’annuncio da parte della Bridgestone della chiusura dello stabilimento barese per il 2014, nonostante il gruppo a livello mondiale abbia chiuso con utili maggiori nell’anno 2012 rispetto al precedente esercizio .Uno dei motivi ipotizzabili è la delocalizzazione dell’impresa in altro paese europeo a basso costo di manodopera come la Polonia.
La vertenza Bridgestone è gestita dal Ministro Passera, che ha contattato direttamente il presidente del gruppo nipponico, ma sul tavolo delle trattative non ci sono reali possibilità che la situazione possa migliorare.
Questo addio porta a riflettere nuovamente sulla situazione politica del nostro paese che è del tutto confusa. Bersani qualche giorno fa ha reso pubblici gli otto punti alla base dell’attività di governo per formare l’esecutivo, ma nel testo le proposte sul lavoro e sul welfare appaiono confuse e sul piano tecnico presentano criticità.
Si pensa ancora ad oggi ad un salario o compenso minimo per chi non ha copertura contrattuale, senza considerare che molte multinazionali continuano ad abbandonare la nave Italia perché il mercato del lavoro è sempre più complesso e costoso. Uno fra tutti, il contributo aggiuntivo sui contratti a tempo determinato che avrà l’effetto di disincentivarne l’uso senza utilizzare però la forma del contratto a tempo indeterminato.
E’ arrivato il momento di pensare ad una politica industriale sana, cercando di rendere nuovamente competitivo il mercato del lavoro italiano, incentivando la contrattazione di secondo livello.