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Vi spiego segreti e procedure del Conclave che eleggerà il nuovo Pontefice

Dalle ore 20 del 28 febbraio, in seguito alla rinuncia di Papa Benedetto XVI, è iniziato il periodo della “sede vacante”. Si chiama, nel diritto canonico, quel lasso di tempo che intercorre tra la morte di un Papa (o di rinuncia, come in questo caso) all’elezione del nuovo Pontefice. Ma cosa succede in questo periodo? Cosa ci si dovrà aspettare dal conclave? Formiche.net ne parla con Francesco Clementi, docente di diritto pubblico comparato all’Università di Perugia e autore del libro “Città del Vaticano” (Il Mulino).

In un suo recente articolo per Il Sole 24 Ore, di cui lei è editorialista, parla di “umanizzazione del ministero petrino” come conseguenza della decisione di Benedetto XVI. Ritiene, forse, che venga così meno il carattere sacramentale della figura del Papa?

La possibilità della rinuncia da parte del Papa, ovvero l’esercizio del ministero petrino che non sia “perinde ac cadaver”, è prevista espressamente dal codice di diritto canonico, così come riformato nel 1983. Effettivamente qualcuno potrebbe essere portato a ritenere che una tale decisione, chiaramente di natura terrena, vada a intaccare la dimensione spirituale della figura del Papa. Credo, però, che non sia così. Si tratta, senza dubbio, di una grande innovazione, dato che una simile situazione non si verificava da seicento anni. Ma si tratta di un’innovazione all’interno di un percorso previsto dalla Chiesa stessa.

Il cardinale australiano Pell ha definito la decisione di Benedetto XVI come “un po’ destabilizzante”, aggiungendo che il Papa “era ben consapevole che questa era una rottura della tradizione”…

Credo che la reazione del cardinale Pell sia stata un po’ esagerata. Il porporato australiano si è spinto un po’ oltre nella valutazione del gesto di Benedetto XVI. Non credo proprio, infatti, che si tratti di un precedente pericoloso per la Chiesa. Le regole lo consentono espressamente. Ma, soprattutto, si tratta di una rinuncia che arriva sulla base di una scelta consapevole. Non la guarderei, in questo senso “con gli occhi terreni”, quanto di una scelta consapevole di un Papa regnante. Credo piuttosto sia un grande e coraggioso gesto di amore per la Chiesa, consentito dal suo stesso diritto. E, allo stesso tempo, è anche una presa di coscienza che riporta la Chiesa nella modernità che la circonda.

Un’anomalia legata alle dimissioni di Benedetto XVI è quella della creazione di un “Pontefice emerito”. Quali problemi pone questa nuova figura?

Non credo che una scelta di tale tipo possa causare eccessivi problemi alla Chiesa, al di là del dibattito su quale appellativo dovrà essere usato nel rivolgersi a Benedetto XVI. Il tema dell’emeritato è apparso a molti come una scelta strana nonché “esotica”. In realtà, il concetto dell’emeritato è proprio della Chiesa. Esso nasce nella Chiesa, e solo dopo si espande alle università, alla politica, ecc… E il fatto che continuerà a chiamarsi Sua Santità, è un ulteriore segno di come essere Papa rappresenti “un sempre e per sempre”. Benedetto XVI, con questa decisione, si spoglia del potere temporale del Papa sulla Chiesa, ma non di un sigillo spirituale che l’essere “sua santità” rappresenta, ed infatti tale rimarrà il suo titolo.

C’è chi ritiene, anche, che potrebbe esserci un problema di coabitazione con il nuovo Pontefice…

Non vi sarà. Anzi. Papa lo si è solo in ragione di un’elezione, il conclave appunto. Benedetto XVI ha rinunciato in maniera valida e nel pieno rispetto del principio di legalità del diritto canonico e di conseguenza non può più esercitare in alcun modo il suo ministero. Chi parla di “coabitazione” non sa di cosa parli.

Il Papa, nel saluto di commiato con i cardinali, ha affermato: “Tra di voi c’è il mio successore”. E’ vero, però, che anche un laico può diventare Papa?

In linea teorica sì, anche un laico potrebbe diventare Papa. Ciò, però, potrebbe avvenire solamente a determinate condizioni espressamente indicate dal codice di diritto canonico. Si tratta, però, di un’ipotesi alquanto irrealistica. Il conclave, luogo in cui viene scelto il nuovo Papa, riunisce quelli che vengono definiti come “i principi della Chiesa”. Sarebbe, quindi, poco comune una scelta che ricada su una persona esterna a quell’assemblea. Comunque, si, in generale sarebbe possibile: forza e grandezza della Chiesa è che si è cattolici universalmente proprio perché la Chiesa è universale. E tutti i cattolici sono chiamati ad essere, cioè a comportarsi, come l’apostolo Pietro.

Lunedì 4 marzo avranno inizio le Congregazioni. Cosa sono e qual è il senso di tali incontri?

Si tratta di Assemblee di cardinali preparatorie del Conclave e sono di due tipi. Da un lato, abbiamo le Congregazioni generali, dirette dal decano dei cardinali, che presentano una duplice dimensione. Una dimensione spirituale, in quanto i cardinali elettori e non si riuniscono in preghiera per favorire la “discesa” dello Spirito Santo, e una dimensione più “terrena” dal momento che i vari porporati riflettono sul presente e sul futuro della Chiesa. Ci sono, poi, le Congregazioni particolari che sono, invece, uno strumento un po’ più tecnico in quanto si occupano della gestione della sede vacante. Il senso di tali incontri è, quindi, duplice: in primo luogo, creare un clima di fraternità e di preghiera e favorire il discernimento singolo e collettivo affinché la scelta ricada sul candidato “migliore”, dall’altro di gestire al sede vacante della Chiesa in attesa dell’elezione del nuovo Papa.

Cosa dobbiamo aspettarci da queste congregazioni? Forse il nome, o almeno, il profilo del nuovo Papa?

Ci daranno, sicuramente, un segno forte relativo al nuovo Papa. Credo, tuttavia, non sul nome; bensì su quello che sarà il profilo che dovrà avere. Da questi incontri, in particolare, verrà un’analisi dettagliata dei grandi problemi che affliggono oggi la Chiesa e di quelle che saranno le nuove e grandi sfide che il nuovo Papa dovrà affrontare, anche alla luce di quanto i cardinali avranno modo di chiedere ai loro tre “colleghi” che hanno redatto lo speciale Rapporto sugli scandali recenti. E certamente i cardinali usciranno da questi incontri con le idee molto più chiare su chi potrà essere il nuovo Papa, affrontando il cambiamento.

Ogni volta che ci si avvicina ad un conclave, si assiste al solito giochino dei “papabili”. Si parla, poi, di scontri, alleanze, cordate, come se ci si trovasse nel mezzo di un’elezione “politica”…

Beh, non scherziamo! Si tratta di due cose completamente diverse, anche se talvolta dalle descrizioni che ne vengono fatte potrebbe sorgere questa idea. Qui, ad esempio, non vi è alcun tipo di “accordo elettorale”. Ciò che può succedere è che talvolta alcuni dei “papabili” facciano capire in modo abbastanza chiaro chi potrebbe essere il Segretario di Stato, figura chiave nel governo della Chiesa, in caso di una sua elezione. Si tratta, però, solamente di un modo per fare capire quale tipo di papato ci si potrebbe attendere, non ad indicare il tipo di constituency, tipica delle elezioni politiche.

Benedetto XVI ha pubblicato un motu proprio sul conclave. Cambia qualcosa o, sostanzialmente, tutto resta uguale?

Effettivamente qualche piccola modifica alla Costituzione Universi Dominici Gregis è stata apportata. E’ stata riconosciuta ai cardinali la facoltà di anticipare l’inizio del conclave, sono state rafforzate le misure di “isolamento” dei cardinali, e sono state inasprite le pene previste in caso di violazione del segreto. Ma, sostanzialmente, sono d’accordo con Alberto Melloni quando dice che non è cambiato granché.

Un’ultima domanda, professore. E’ vero, come si dice in giro, che secondo le leggi in vigore sarà lo Stato italiano a pagare tutto ciò che è legato alla scelta del successore di Benedetto XVI?

Esistono, certamente, alcuni accordi tra la Santa Sede e lo Stato italiano che pongono oneri in capo all’Italia. A titolo di esempio, nel corso della sede vacante, così come avviene anche quando c’è il Papa, spetta al Comune di Roma occuparsi della pulizia di Piazza San Pietro. Ma se lei mi chiede, come credo intendano quelli che mettono in giro queste voci, se lo Stato italiano paghi i biglietti aerei e i pranzi dei cardinali, in arrivo o in attesa di eleggere il nuovo Papa, allora la risposta è no!


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