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Cari colleghi parlamentari, ecco le riforme urgenti per un fisco liberale

In attesa di capire se e come ci sarà un governo e per quanto tempo il Parlamento sarà nelle condizioni di poter lavorare, ci sono alcuni micro-interventi in materia fiscale che, volontà politica permettendo, possono essere varati in pochi istanti, così da eliminare per lo meno alcune delle storture più assurde.

1) va abrogata immediatamente, con effetto ex tunc, la norma che impone a committenti e appaltatori di tutti i settori economici obblighi di controllo della fedeltà fiscale delle loro controparti economiche, pena sanzioni e responsabilità solidali per le imposte da questi non versate.

2) va abrogata subito la norma che equipara le società in perdita fiscale per tre esercizi consecutivi a società non operative con obblighi di dichiarazione di reddito minimo e IRES maggiorata da pagare.

3) va abrogata la norma in base alla quale, in caso di indagini finanziarie, si presumono incassi in nero pure i prelevamenti fatti dal conto corrente che non sono transitati in contabilità, spostando sul contribuente l’onere di provare che si trattava di prelevamenti per finalità personali e non aziendali o professionali.

4) va regolamentata la fattispecie dell’abuso del diritto, senza rinviare questa misura a una legge delega di riforma complessiva del sistema fiscale che richiede inevitabilmente tempi molto più lunghi e, date le circostanze, improbabili.

Quattro cose puntuali e in prevalenza piccole, ma, in frangenti in cui è difficile pianificare anche solo a medio periodo, quattro cose semplici da decidere che toglierebbero non poche castagne dal fuoco a imprese sommerse da una burocrazia fiscale sempre più asfissiante, contribuenti schiacciati da troppe presunzioni che li trasformano in evasori fino a prova contraria e operatori ormai incapaci di tracciare confini tra comportamenti leciti solo nella forma e comportamenti leciti anche nella sostanza.

Se poi si aprissero spiragli per un orizzonte di lavoro appena un po’ più ampio, fondamentale sarebbe ridisegnare la geografia delle funzioni e dei rapporti interni alla macchina fiscale italiana, così da rimettere al suo centro legislativo il Parlamento e al suo centro esecutivo il Governo, ripristinando una situazione di “democrazia fiscale”, dopo sei, sette anni di vero e proprio “sultanato fiscale” dell’Agenzia delle entrate.

1) basta ricorso sistematico alla decretazione d’urgenza per l’adozione dei provvedimenti fiscali.

2) attribuzione dell’attività interpretativa di indirizzo per gli uffici operativi al Dipartimento delle Politiche Fiscali del Ministero dell’Economia, così da evitare che gli indirizzi interpretativi siano diramati da strutture inquadrate nell’ambito dell’ente che ha il compito di espletare l’azione di accertamento nei confronti dei contribuenti.

3) riconduzione di Equitalia al Ministero dell’Economia, quale sua società direttamente partecipata, in luogo dell’attuale sua posizione subordinata rispetto ai due soci Agenzia delle Entrate ed INPS.

4) per le controversie sino a 20mila euro, soggette alla mediazione tributaria obbligatoria, attribuzione del ruolo del mediatore alla figura realmente terza del Garante del Contribuente e non più agli uffici legislativi dell’Agenzia delle Entrate che è anche una delle parti della controversia.

5) creazione di una magistratura tributaria professionale e indipendente.

Enrico Zanetti

Responsabile tematico Fisco e diritti del contribuente per Italia Futura

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