I misteri che avvolgono il rogo del complesso scientifico napoletano della Città della Scienza non si esauriscono al capitolo delle responsabilità, ma puntano dritto sui meriti di strutture come quella partonepea – che, nonostante le perdite, l’Eurispes considerava una delle 100 eccellenze del nostro Paese e cercava di offrire un contributo allo sviluppo tecnologico del territorio.
Nel rogo sono finiti, in particolare, il Business Innovation Center (Bic), incubatore di imprese specializzate nell’Ict, il Centro di alta formazione (Caf) per il personale destinato ai processi di innovazione e sviluppo, e lo Science Centre, primo museo scientifico interattivo di seconda generazione italiano, incentrato su percorsi esperienziali e touch (esperimenti scientifici, multimedialità, ecc.).
I parchi tecnologici esistono in tutta Europa: diverse città hanno puntato su queste strutture per riqualificare interi quartieri, migliorando la qualità della vita e anche il city branding a livello internazionale, come accaduto a Parigi con la Cité des Sciences e de l’Industrie, a Lisbona con il Pavilhao do conhecimento e ad Amsterdam con Nemo, costruzione a forma di nave che spunta dal mare realizzata da Renzo Piano.
Si spinge oltre il concetto di Science center adottato da altri paesi, dove i parchi tecnologici devono agire da volano per la crescita del territorio, da aggregatori di innovazione per l’intero contesto urbano. È il caso di Espoo in Finlandia, che ospita oltre 8.000 imprese Ict e 12.000 aziende dell’indotto attive nei knowledge intensive business services, il tutto a meno di un quarto d’ora di distanza dal campus universitari.
Tornando in Italia, Trento sta coniugando la riqualificazione del territorio con la realizzazione di un grande centro scientifico chiamato Muse, un museo delle scienze progettato da Renzo Piano dove si terranno anche concerti e attività teatrali dal 2015.
Già attivo invece l’AREA SciencePark di Trieste, uno dei principali parchi scientifici e tecnologici multisettoriali italiani di livello internazionale, che svolge formazione e trasferimento tecnologico; l’Italia ha altri 15 parchi che fungono da incubatori hitech (dati dell’Associazione parchi scientifici tecnologici italiani) e cercano di affiancare ricerca e innovazione tecnologica con ricadute sul sistema produttivo – forse non con i numeri che vantano i finlandesi, ma l’idea sembra quella giusta.