La scelta del porto in cui smaltire la nave Costa Concordia sembra essere un altro dei grovigli in cui le troppe voci, o i troppi silenzi, rischiano di trasformare la vicenda in un lungo gioco dell’oca, in cui si fanno due passi avanti per poi farne altri due indietro. Il risultato è che il relitto della nave naufragata è ancora lì, in attesa di esser riportata a galla grazie a tecnologie all’avanguardia. Ma decidere dove trasportarla è una scelta che – come ha detto più volte il ministro dell’Ambiente Corrado Clini – va fatta molto prima, non solo per attrezzare il porto che la dovrà ‘ospitare’, ma anche per coordinare tutte le operazioni. Soprattutto per non correre rischi.
Intanto, la Costa Concordia resta adagiata su un fianco davanti all’isola del Giglio dal 13 gennaio del 2012, quando lo scoglio delle Scole ne squarciò la pancia per più 60 metri.
Il Consiglio dei ministri ha autorizzato il Dipartimento della Protezione civile, in continuo rapporto con i ministeri dell’Ambiente e dei Trasporti, ad adottare i provvedimenti necessari per trasportare la Concordia al porto di Piombino, dove poi dovrebbe avvenire lo smantellamento.
Portarla a Piombino è comunque la scelta meno rischiosa; e per una serie di motivi è il porto che resta un ‘desiderata’ del ministro Clini, anche per il rispetto di alcune regole europee sui rifiuti: il relitto della Costa Concordia – ha spiegato in più occasioni – è un ”rifiuto” e come tale, in base alle direttive europee e alle convenzioni internazionali, ”non può essere portato a spasso nel Mediterraneo, ma deve andare nel porto più vicino per essere bonificato e smaltito”. In questo senso Piombino sembra davvero ”il più idoneo al ricovero”: 38 miglia di distanza dal luogo del naufragio, mezza giornata di navigazione (nelle condizioni particolari in cui la nave galleggerà). Poi, secondo alcune interpretazioni, lasciare che la Toscana si occupi dello smaltimento, è anche un modo per offrire una sorta di risarcimento del danno subito con il naufragio.
”La protezione del prezioso ambiente marino del Giglio e dell’arcipelago Toscano, la rimozione in sicurezza della Concordia – ha osservato Clini – sono gli obiettivi che hanno guidato l’iniziativa del ministro dell’Ambiente sin dalla notte dell’incidente”. Insomma, da via Cristoforo Colombo, la parola d’ordine sembra essere: ‘prendere meno rischi possibili’.
La scelta di Piombino non è però gradita a tutti. Alcuni esponenti del Pd (Michele Anzaldi, Federico Gelli ed Andrea Marcucci, Lorenza Bonaccorsi) hanno lamentato che ”la scelta di indicare il porto di Piombino come destinazione per lo smaltimento della Costa Concordia non rientra nell’ordinaria amministrazione, ma si tratta di una scelta politica ben precisa”. E hanno chiamato in causa Giorgio Napolitano: ”Il Quirinale valuti se il governo dimissionario è nella posizione di poterla prendere”.
Secondo questi esponenti del Pd, ma anche per alcune associazioni ambientaliste, per portare la nave a Piombino servono dei lavori di adeguamento sia del porto che del canale di passaggio. Lavori che ”potrebbero durare anche un anno” e che potrebbero avere dei costi – secondo alcune stime non confermate – di ”circa 150 milioni di euro”. Sul fronte ambientale invece la denuncia riguarda in particolare la possibilità di scavare fino a portare il fondale a 15 metri di profondità (la nave arriverebbe con un pescaggio di circa 11,5 metri, ampiamente al di sopra di quanto richiesto): il rischio è di incontrare rifiuti ‘particolari’ e sollevare materiali pericolosi.
Vale la pena ricordare che, secondo alcune ricostruzioni, ci sarebbero, ‘stipati’, da spendere 150 milioni di soldi pubblici per lo smaltimento della Concordia. Ma per diradare questo ”fumo”, Clini ha risposto duramente: ”Si sta sollevando una cortina fumogena di disinformazione – ha scritto in una lettera pubblicata sul sito del dicastero da lui guidato – che è nello stesso tempo irresponsabile e patetica”. Il ministro ha spiegato che è ”falso che verranno spesi 150 milioni euro di fondi pubblici” e che ”la Regione Toscana è la migliore garanzia per evitare che l’esito della Concordia sia guidato da interessi speculativi”. Sulla bontà dell’intervento, il ministro ha ricordato di aver imposto ”alla Costa Crociere 40 prescrizioni” per il recupero del relitto e per assicurare ”la protezione dell’ambiente marino”, aggiungendo di aver chiarito che ”chi inquina paga” e che ”tutti i costi per la rimozione e lo smaltimento sono a carico di Costa Crociere”.
Mentre ”sono a carico delle Autorità competenti gli interventi già previsti e approvati dal piano regolatore portuale per l’adeguamento di fondali e banchine ai fini delle attività proprie del porto”.
A complicare il quadro, oggi il prefetto Franco Gabrielli, capo della Protezione civile, fa sapere che ”in qualità di commissario delegato per la gestione dell’emergenza per il naufragio della Costa Concordia, non ha mai indicato alcuna soluzione definitiva riguardo il porto di smaltimento del relitto”. Cioè, Gabrielli per ora sta semplicemente ”dando attuazione” a quanto deliberato dal Cdm, ”procedendo alla verifica di fattibilità e convenienza dell’operazione” verso il porto di Piombino. E al momento non si escludono anche ”le possibili alternative”.
Sulla rimozione e lo smantellamento la Costa Crociere fa sapere che deciderà ”in accordo con le autorità delegate, tenendo in particolare considerazione la sicurezza del trasporto del relitto e la protezione dell’ambiente”. Il tutto ”nel pieno rispetto delle leggi e delle norme applicabili, in stretto coordinamento e accordo con le autorità”. Questo adesso. Ma tempo addietro aveva proposto un bando extraeuropeo, cioè che si aprisse alla possibilità di portare fuori la nave, per affidare la rimozione e lo smantellamento ad altre compagnie.
Nei giorni scorsi, a Palazzo Chigi, c’è stata anche una riunione operativa sulla Concordia. Un incontro che è servito più a mettere le carte sul tavolo e a iniziare a creare un coordinamento per la fattibilità del progetto di rimozione e di trasporto verso il porto di Piombino. Si è visto, in sostanza, come dare attuazione alla delibera del Consiglio dei ministri: questo vuol dire in concreto, ha spiegato proprio Clini, ”mettere con i piedi per terra un progetto”, che sembra ”peraltro già pronto” in quanto ”preparato a dicembre scorso dalla regione Toscana”. Nel Piano, la Toscana, ”non solo ha indicato il sito più vicino, il porto di Piombino, ma ha anche presentato un progetto puntuale per lo smantellamento ed il recupero dei materiali valorizzando le infrastrutture industriali e le competenze dell’area siderurgica”. Se poi ”non ci saranno le possibilità nel porto di Piombino – aveva detto Clini – valuteremo altre sedi, ma al momento non stiamo lavorando su questo”.
Infine, è bene ricordare che l’Imo (International maritime organization) non si è dimenticata di quanto successo all’isola del Giglio e della pratica degli inchini. Anzi, secondo alcune fonti informate sui fatti, del caso Concordia ”se ne occupa il segretario dell’Imo. Ma in Italia, purtroppo, non c’è percezione di questo”.