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Che fine faranno le grandi opere all’epoca di Grillo?

Grandi opere, quello che manca all’Italia secondo alcuni. Oppure, quello che l’Italia potrebbe e dovrebbe fare per rilanciare l’economia. Ma anche un “simbolo” di spreco di risorse secondo altri. E’ da quest’ultima considerazione che parte l’approfondita analisi messa a punto da Legambiente in un dossier dedicato alla “scomparsa” delle “grandi opere” dal dibattito pubblico. E, soprattutto, dai programmi politici.

I debiti della Legge Obiettivo

A cominciare dalla Legge Obiettivo, Legambiente ne mette in rilievo gli “effetti” parlando di “1,5 miliardi di euro” praticamente “buttati” e di una stima di ben “304 miliardi di debiti”. Ebbene, per l’associazione ambientalista il Pdl offre “pochi accenni al Ponte sullo Stretto di Messina, alla Tav Torino-Lione”; la priorità della Lega riguardano i trafori alpini, nonché il federalismo delle infrastrutture. Per il Pd la Legge Obiettivo di fatto “non esiste”, ma viene menzionata una proposta di un Piano per le 100 “piccole e medie (ma grandi) opere” i cui cantieri potrebbero aprirsi subito, insieme con interventi per il trasporto pubblico. Il Movimento 5 stelle chiede, questo è cosa nota, il blocco del Ponte sullo Stretto e della Torino-Lione, a favore di investimenti nella mobilità sostenibile. Per Mario Monti vale il discorso fatto dal ministro dello Sviluppo economico del suo governo, Corrado Passera; il quale ricorda che l’ultimo esecutivo ha “sbloccato investimenti per circa 37 miliardi di euro”, cifra che raggiungerà “quota 50 miliardi se l’ultimo pacchetto verrà accolto dal Cipe”, mentre la media “degli ultimi anni era di 7-8 miliardi”.

Le opere “sprecone”

Le opere ritenute più “inutili e dannose”, messe in fila dal dossier che parla per esempio di soldi sprecati in studi e progetti, comprendono il Ponte sullo stretto (che proprio in questi giorni non ha visto arrivare l’atto aggiuntivo del governo e che quindi dovrebbe avviarsi verso lo scioglimento del contratto) che servirebbe per collegare Calabria e Sicilia (lunghezza di 5,3 km) ha un costo stimato di 8,5 miliardi di euro (contributo pubblico pari a 0,7 miliardi). C’è poi la Pedemontana Lombarda, lunga 87 km, per un costo di 4,11 miliardi (a carico del pubblico 1,2 miliardi), la Tangenziale est di Milano (lunga 33 km) per 1,58 miliardi, la Bre.Be.Mi (Brescia-Bergamo-Milano) per 1,61 miliardi, l’autostrada regionale Cremona-Mantova (60 km) per 0,76 miliardi. Ed ancora, tra le opere che Legambiente ritiene uno “spreco”, l’autostrada Ti.Bre (corridoio Tirreno-Brennero) che, per una lunghezza di 85 km, costerebbe 2,7 miliardi (contributo pubblico di quasi un miliardo), e la Pedemontana Veneta, 95 km a 2,4 miliardi. Ma anche la nuova autostrada Romea (4 miliardi per 125 km), il raccordo Campogalliano-Sassuolo (15 km e 0,506 miliardi), l’autostrada Cisterna-Valmontone e il corridoio Roma-Latina (99 km, 2,8 miliardi). Infine il quadrilatero Umbro-Marchigiana, 160 km a 2,233 miliardi di euro (contributo pubblico 1,6 miliardi).

Il crack della legge obiettivo

Sulla base di questi dati, Legambiente parla di un vero e proprio “crack” per la Legge Obiettivo: “Dal 2001 ad oggi, dell’elenco di opere solo il 9% è stato realizzato”, pari a 17 su 192, ma “per tutte le altre l’iter va avanti” insieme con “l’aumento delle spese malgrado, in molti casi, sia assolutamente evidente che non potranno mai essere realizzate”. Una debacle che – sulla base di dati ufficiali di Montecitorio – costa in termini di spesa prevista 304 miliardi di euro di debiti per le sole 175 opere dedicate ai trasporti ed ancora da realizzare.

Italia in ritardo sulle città

Spese “folli” che secondo l’associazione ambientalista servirebbero per finanziare soprattutto strade ed autostrade, già “beneficiarie del 67% delle risorse del Cipe”. A rimanere a bocca asciutta le grandi città come Roma, Milano, Napoli, Firenze e Palermo, che ne pagherebbero lo scotto non potendo più realizzare “nuove linee metropolitane e di tram”. Questo, avverte il report di Legambiente, senza tener conto che “in Italia è proprio nelle aree urbane che si trova l’80% della domanda di trasporto”, ed è sempre qui che il gap è “più rilevante rispetto all’Europa”. Ma, la situazione assume i contorni del “bluff” quando – spiega l’associazione – viene chiesto allo Stato di salvare queste opere dagli “enormi problemi di finanziamento garantendo, possibilmente, anche le altre autostrade da costruire in Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna”; un gioco che arriva alla cifra “complessiva di 26 miliardi”.

Ferrovie e metro, le opere da fare

Per Legambiente, naturalmente, le necessità sono altre. Ora, per prima cosa, bisognerebbe “selezionare le opere realmente prioritarie e utili per risolvere i problemi del Paese”. Ma soprattutto quelle “sicure” di poter essere fatte “da un punto di vista tecnico, ambientale, economico”. Al centro di questi nuovi investimenti dovrebbero esserci le aree urbane, su cui si dovrebbe concentrare “il 50% delle risorse previste (usando i Fondi Fas, i finanziamenti europei e regionali), puntando sul trasporto ferroviario per le merci, e ridurre l’inquinamento”.

Serve Authority dei Trasporti

Le infrastrutture da cui partire, segnate sull’agenda ‘verde’ di Legambiente, vanno dall’anello ferroviario di Roma (mancano 5 km, costo stimato di circa 840 milioni di euro) al completamento della linea C della metropolitana della Capitale (costi previsti di 3 miliardi e 379 milioni), dal potenziamento della linea Gallarate-Rho alle metropolitane M4 e M5 di Milano (per l’Expo del 2015) all’anello ferroviario di Palermo (mancano 3 km) o alla ferrovia metropolitana di Bologna, le linee 1 e 6 della metro di Napoli, e il completamento della metropolitana di Torino e il collegamento dell’aeroporto a Catania, così come un maggior servizio per i pendolari (specie in Veneto), e la tratta ad Alta velocità tra Napoli e Bari (spesa di circa 7,1 miliardi di euro).

Infine, tra le soluzioni proposte, Legambiente mette anche in campo la creazione di un’Authority per i trasporti che controlli efficienza e qualità del servizio.


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