Il neo presidente del Senato ha compiuto, per sua stessa ammissione, una “scelta dolorosa” e ha rinunciato alla scorta, o meglio a metà della sua scorta. Come anche i lettori meno informati possono immaginare, il servizio a tutela delle personalità dello Stato non è – o non dovrebbe essere – uno status symbol bensì una necessità. Lo sa bene l’allora ministro dell’Interno Scajola che non volle concedere la scorta al professor Marco Biagi, poi assassinato dalle Br. La protezione delle autorità – se, come e quanto – viene deciso al Viminale. Ci sono signori prefetti a questo compito delicato. Che nei confronti di alcune alte cariche ci sia stata una certa ‘generosità’ questo chi vive a Roma ne ha una certa percezione.
Da qui ad esprimere giudizi però ne passa. Il tema è troppo delicato per fare giochini qualunquisti. Ora però c’è un fatto nuovo. L’ex procuratore nazionale antimafia e ora presidente del Senato, Piero Grasso, si è dimezzato la scorta e quindi delle due l’una. O era stata sbagliata la stima prima (e perchè solo ora Grasso se ne accorge?) oppure il dimezzamento della protezione rappresenta un raddoppio dei rischi. E poi, arrivati a questo punto, perchè non rinunciare del tutto?
Il ministro Cancellieri dopo lo scandalo che aveva investito l’ex presidente della Camera Gianfranco Fini aveva deciso di rivedere tutte le modalità per l’assegnazioni delle scorte ed i livelli di protezione per le personalità. Quale è stato l’esito? Ci sono ancora problemi, aspetti da revisionare? Al Viminale di certo non sono felicissimi per la leggerezza con cui, per fare colpo sull’opinione pubblica, si comunicano certe decisioni. O tempora, o mores.