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Il duro lavoro di Bersani

Un incarico a Pierluigi Bersani con difficoltà potrà portare a un nuovo esecutivo, perché ciascun partito è rimasto per lo più fermo sulle sue posizioni. La partita si prevede lunga, una via di uscita non è alle viste, ed è sempre difficile un colpo da maestro, come è stato una settimana fa con l’indicazione di Laura Boldrini e Piero Grasso al posto dei soliti nomi di nomenklatura.

Intanto l’economia precipita. Negli Stati Uniti e nei paesi emergenti la realtà migliora a vista d’occhio, ma in Europa tutti tranne la Germania arrancano, prigionieri delle loro difficoltà. Ci mancava solo Cipro per dimostrarci, se ci fosse stato bisogno, che il pericolo del default della moneta unica non è poi così remoto. In Italia la situazione sociale sta diventando sempre più precaria. Al di là della crescita abnorme e senza limiti della povertà nel nostro paese, preoccupa che siano finite le risorse per finanziare la cassa integrazione in deroga. Manca un miliardo di euro e il governo in carica, competente solo per gli affari ordinari, non può tecnicamente intervenire. Sarebbe davvero la fine se non ci fossero più i soldi per pagare gli assegni di chi è in cassa integrazione, ma è quello che potrebbe praticamente accadere.

Le parti sociali affrontano questa situazione con grande difficoltà, come dimostrano i dibattiti accesi che si stanno sviluppando al loro interno. Lo tsunami politico per il momento ha risparmiato le rappresentanze sociali, ma l’onda di ritorno di questa pericolosa antipolitica non può alla lunga non interessarle. I collegamenti tra le confederazioni dei lavoratori e il mondo della politica erano troppo scoperti alla vigilia del voto per non provocare una reazione una volta aperte le urne. Il timore di uno sconquasso sindacale è forte e anche per questo le tre confederazioni dei lavoratori hanno ripreso con forza, anche se velato da un comprensibile riserbo, il dialogo con la Confindustria sui temi della rappresentanza.

Quello che manca in questo momento sono precise regole di comportamento alle quali attenersi e per questo sindacati e imprenditori pensano sia opportuno darsi delle regole che dicano quanto e cosa rappresenti ciascuno di loro, come è possibile avere una sola piattaforma rivendicativa quando si deve rinnovare un contratto, quando un accordo può considerarsi valido e applicabile a tutti gli interessati, come si esercita il diritto di sciopero, quali sanzioni scattano nel momento in cui qualcuno infrange le regole che le parti si sono date. Un negoziato apparentemente facile, in realtà irto di problemi complessi, pratici e politici, che però potrebbero essere superati se i negoziatori fossero sorretti dalla buona volontà. La speranza è che questo negoziato si chiuda in fretta per dimostrare, e ce ne è un gran bisogno, che le parti sociali esistono e sono in grado di affrontare e risolvere i loro problemi. Negli ultimi mesi, ma forse sarebbe il caso di parlare di anni, non hanno dato questa impressione. Sono apparse deboli, poco motivate, incapaci di superare le difficoltà che le dividono. Ma il paese ha bisogno di corpi intermedi forti. Questi sono sempre necessari, perché non è facile governare le società complesse, ma diventano indispensabili  nei momenti particolarmente difficili, come è sicuramente questo che stiamo attraversando.

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