Il minuscolo Psi di Riccardo Nencini, uscito a pezzi dalle elezioni di febbraio: consensi sotto l’1% e presenza politica pari a ‘zero’, ha deciso di procedere, in un prossimo seminario e poi in un’assise congressuale, una volta che sara’ chiaro l’esito della legislatura, al cambiamento del nome, simbolo e “ragione sociale”, accompagnata da una presa di distanza dal Partito Socialista Europeo (Pse), di cui da tempo è membro effettivo. Una scelta quanto mai sciagurata ed improvvida. Soprattutto nel momento in cui Sel si appresta ad inoltrare ‘rapidamente’ la domanda di adesione al Pse perché “la partita si gioca in Europa e il Pse è il luogo in cui i progressisti possono riconoscersi” e per segnalare al Pd che “la nostra vicenda non è di bassa cucina, ma riguarda la politica europea ed è il modo più spiazzante e intelligente per proporre l’agenda delle cose da fare”. Nencini, ‘il cameriere’ come viene chiamato dalla base, amareggiato per non essere riuscito a “mettere il Grillo in gabbia” e comunque soddisfatto di aver ‘carpito’ un seggio al Senato nelle liste del Pd, ha deciso di chiudere la ‘partita’ Psi. Perché questa mossa che non è la mossa del cavallo per dar ‘scacco matto’, semmai è il gioco con la morte del Socialismo, mutuato dal ‘Settimo sigillo’ di Ingmar Bergman? Che si possa essere amareggiati e sconfortati per una cocente sconfitta, non autorizza affatto a cancellare nome e simbolo e addirittura a cambiare ‘la ragione sociale’, semmai si chiede scusa, ci si dimette e, con l’onore delle armi, si passa la mano. Ma evidentemente dietro questa decisione improvvisa, tanto sciagurata quanto improvvida, c’e’ dell’altro che si puo’ ricondurre alla concezione del ‘partito’ come proprietà privata, mezzo per far carriera, per carpire un seggio senatoriale e per lucrare rimborsi elettorali e finanziamento pubblico. Il Socialismo come ideale non esiste in questa squallida visione e concezione del partito. Nencini e il suo entourage di valvassini, fatti senatori e parlamentari nelle liste del Pd, confermano il fallimento dei partiti e della politica del ‘900, spazzati via dalla ‘reazione’ della ‘povera gente’ ad una prassi di ‘adattamento’ e non di ‘cambiamento’ dello status quo. Prassi inventata dal ‘doppio’ Palmiro Togliatti, paladino della democrazia in Italia ma assolutamente asservito delle politiche totalitarie di Stalin, con ‘la svolta’ di Salerno del ’44, il governo con la monarchia e con il voto favorevole all’art.7 della Costituzione, l’accordo con la Chiesa e la Dc. Proseguita poi con ‘la via italiana al socialismo’ che si e’ tradotta nel ‘consociativismo’ e nel ‘compromesso storico’, fino all’inciucio con l’establishment che, secondo logica naturale, andava riformato radicalmente. Tale ‘reazione’ della ‘povera gente’, di ampi strati sociali, soprattutto dei piu’ giovani, si e’ incanalata nel contenitore del Movimento 5 Stelle del deus ex machina della propria salvezza, il populista, il clown fascistoide Beppe Grillo! Spariti nel 2008 la ‘sinistra radicale’ capeggiata dal ‘rivoluzionario’ Fausto Bertinotti e il ‘partito a vocazione maggioritaria’ del ‘blairiano’ Valter Veltroni, entrambi allergici al socialismo, nel 2013 assistiamo alla fine dei pezzettini restanti: il Pdci di Oliviero Diliberto e Rifondazione Comunista di Paolo Ferrero. Nencini e il suo entourage ora vorrebbero aggiungere ai ‘caduti in guerra’ anche il Psi. Cosi’ come all’interno del travagliatissimo Partito Democratico di Pier Luigi Bersani, l’unico, va riconosciuto, partito non personale, il ‘neoliberista’ Matteo Renzi sostenuto da ‘liberal’ e ‘montiani’ vorrebbero cancellare quel che di ‘sinistra laica e riformista’ c’e’ per costruire ‘un grande partito di centro’ sulla falsariga della vecchia Dc, agganciato al Ppe in Europa. E’ qui che vuol approdare il minuscolo Psi del ‘cameriere’ Nencini con i suoi ‘valvassini’? Forse si’, anzi senza forse.