La parola riformismo e, con essa, i derivati riforme e riformista, ritrova ora il suo senso autentico, la sua nobilita’ storica ed il suo riscatto dall’oltraggio e dalla manomissione cui e’ stata sottoposta, da almeno un ventennio in qua. L’occasione e’ il convegno, promosso dalla ‘Fondazione Basso’ il 10 e 11 aprile, su uno dei massimi protagonisti della sinistra italiana Riccardo Lombardi, l’ispiratore delle ‘riforme di struttura’ che, connesse al principio dell’ugualianza, erano finalizzate al cambiamento radicale, strutturale della societa’ capitalistica, alla diffusione dei poteri verso il basso e soprattutto al miglioramento delle condizioni di vita dei ceti piu’ deboli, della povera gente, dei lavoratori e dei giovani. La strategia delle riforme non poteva essere subordinata o dipendente dai mutamenti della vita quotidiana, doveva anticiparli, ne’ poteva essere una opzione subalterna rispetto alla ricerca di alleanze che consentano di arrivare al governo: essa era la scelta di fondo. Vilipeso da un abuso inappropriato, opportunistico e strumentale, a sinistra come a destra, dai fedeli seguaci e custodi del ‘pensiero unico’ neoliberista – il ‘meno Stato piu’ mercato’ o il ‘laissez faire’ il mercato – che ha mutato la natura del capitalismo nella versione attuale del ‘capitalismo finanziario’, il riformismo ha l’opportunita’ non soltanto di riscattare il suo senso autentico e riprendersi la sua nobilita’ storica, ma di riproprorsi in tutta la sua freschezza e la sua estrema attualita’. La manomissione del senso autentico e della nobilita’ storica ha raggiunto l’apice, fino al suo totale ribaltamento, con il governo ‘tecnocratico’ del prof. Mario Monti che ha fatto passare per ‘riforme strutturali’ la deregulation del mercato del lavoro, i tagli all’Welfare State e la cancellazione delle tutele previste dallo Statuto dei Lavoratori, una legge concepita e attuata nell’unica vera stagione riformatrice del Paese, quella del centro-sinistra degli anni ’60 e in parte ’70: la scuola media unica, la nazionalizzazione dell’energia elettrica, la programmazione economica, le regioni, la riforma sanitaria. L’interesse di Mario Monti per Lombardi e ‘le riforme di struttura’ risale al 2007 quando in un articolo sul Corriere della Sera scriveva “[…] Egli si batteva contro le rendite. Forse anche Lombardi, nel contesto attuale, non sosterrebbe tanto la nazionalizzazione dell’energia elettrica, ma la riforme di struttura che combattono i privilegi delle corporazioni e frenano lo sviluppo del Paese”. E aggiungeva: “Le riforme di struttura di oggi credo siano nel senso delle liberalizzazioni, non certo nel creare il mercato selvaggio ma […] per rivedere la selva dei vincoli; e per verificare che cosa serva davvero per tutelare il consumatore e l’interesse generale”. Quel che distingue ‘le riforme di struttura’ di Lombardi da quelle attuate dal governo Monti e’ sostanzialmente che le prime erano dirette ad incidere e cambiare la societa’ capitalistica per elevare le condizioni di vita della povera gente, dei lavoratori, dei giovani, quelle di Monti a penalizzare fortemente i ceti medi, i lavoratori, a impoverire ulteriormente i poveri e lasciare senza speranza i giovani. Manca all’ideolgica neoliberista la visione globale di economia politica intesa come disciplina che non analizza soltanto l’aspetto funzionalista dell’economia, l’efficienza, ma anche le sue implicazioni politiche e sociali, soprattutto l’uguaglianza e il benessere della gente.
Il riformismo ritrova senso e nobilita’: un convegno su Riccardo Lombardi
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