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La privacy è rischio con le app per smartphone? Interviene il Garante

Privacy sullo smartphone

Le Autorità europee per la protezione dei dati hanno sollevato la necessità di fornire adeguate garanzie e misure a tutela della privacy degli utenti.

 

I telefoni cellulari sono sempre più diffusi e ogni giorno, in ogni luogo possiamo vederli tra le mani di milioni e milioni di utenti. Complice di questa moltiplicazione, oltre alle mode e ai benefeci concreti che questi dispositivi possono portare alla vita di tutti i giorni, è sicuramente la grande attenzione che gli operatori hanno per i propri utenti, sempre impegnati a confrontare gli abbonamenti cellulare incluso più convenienti per poter acquistare gli ultimi dispositivi sul mercato senza spendere un capitale.

 

La rapida diffusione dei telefoni cellulari smartphone ha però causato anche qualche problema a livello di privacy e spinto le Autorità per la protezione dei dati a occuparsi di un tema, che nell’ultimo periodo ha acquistato una crescente importanza agli occhi dei legislatori nazionali ed europei: le applicazioni mobili. Queste ultime, come ricordato in occasione dell’ultimo incontro del Gruppo Articolo 29, devono essere conformi alla legislazione UE sulla privacy e rispettare alcuni obblighi minimi, specie se sono rivolte ai minorenni.

 

In particolare, si stima che ogni possessore di uno smartphone o di un dispositivo elettronico come il tablet abbia una media di 40 applicazioni che, una volta scaricate, accedono a una gran mole di dati personali come indirizzi e informazioni bancarie (utilizzate dalle app di mobile banking ed e-commerce), ma anche foto e video.

 

Ci sono, per esempio, alcune app che per funzionare necessitano di localizzare tramite GPS l’esatta posizione dell’utente e altre che, invece, possono consultare le foto presenti sulla memoria del dispositivo. Tra le più famose citiamo Foursquare che permette di “taggarsi” ovvero dire ai propri amici dove siamo attraverso il gps del nostro cellulare.

 

“Spesso tutto ciò avviene senza che l’utente dia un consenso libero e informato, quindi in violazione della legislazione europea sulla protezione dei dati” – denunciato Antonello Soro, Presidente dell’Autorità italiana per la privacy. “La nostra Autorità – continua Soro – ha dato un contributo significativo all’elaborazione del parere. Le app sono sempre più diffuse e il loro uso, senza un’adeguata definizione di garanzie e misure a tutela dei dati personali, può comportare rischi per gli utenti che le scaricano”.

 

I consumatori devono, quindi, essere posti nella condizione di sapere come e per quali finalità vengono trattati i loro dati personali così che possano dare il loro consenso e compiere una scelta più consapevole e ragionata.

 

Dal canto loro, i legislatori europei stanno lavorando affinché gli sviluppatori di app e sistemi operativi mobili operino in conformità alle normative nazionali e comunitarie, adottando sufficienti misure di sicurezza a tutela della privacy dei consumatori finali.

 

Il parere emerso a margine delle consultazioni di “Gruppo Articolo 29”, individua, inoltre, precise raccomandazioni e obblighi per ciascuno degli attori coinvolti. Per incrementare la sicurezza dei consumatori, le Autorità europee suggeriscono anche alcune “best practices” che i produttori di servizi “mobile” sono chiamate a introdurre a tutti i livelli della filiera produttiva.

 

Fra questi si segnala l’impiego di sistemi d’identificazione non persistenti, la definizione di precisi tempi di conservazione dei dati raccolti, l’impiego di icone “user friendly” per segnalare che specifici trattamenti di dati sono in corso (specie in caso di geolocalizzazione).


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