Quando si forma una squadra di gestori, in economia come in politica, è buona norma avere una ampia rosa di candidati di qualità.
L’ampiezza della rosa ha più di un beneficio. Se il processo di scelta è genuino, esso comunica all’esterno l’idea di una panchina lunga e di valore, in una rassicurante quanto plastica parata di riserve della Repubblica pronte a dare il proprio contributo all’occorrenza.
Se invece le scelte sono già state fatte in separata sede, l’ampiezza della rosa serve a salvare le apparenze e a suggerire l’esistenza di una lunga riflessione prima della scelta finale. Ma la rosa che stringe in pugno Giorgio Napolitano in questa ore ha…pochissimi petali.
Oltre a difendere Berlusconi da sviluppi giudiziari che potrebbero renderlo “inservibile” ai fini di una coalizione di larghe intese, l’uomo del Colle deve anche fare i conti con le aspettative dei mercati. I quali per le posizioni-chiave del nuovo esecutivo confidano in figure con credenziali economico-finanziarie molto solide.
E’ brutto doverlo ammettere, ma di figure di primissima linea con queste caratteristiche non se ne vedono molte in giro. Quello di Fabrizio Saccomanni, potente e rispettato numero due di Bankitalia, è uno dei nomi che circolano più insistentemente, oltre a quello di Corrado Passera che ha dalla sua un poderoso curriculum a cavallo tra privato e pubblico coronato dall’esperienza come ministro del governo Monti.
Ma si tratta di due – dicasi due – nomi che tutto suggeriscono salvo una “panchina lunga”. La riserva della Repubblica si è esaurita?