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La strategia di Bersani che non piace a Napolitano

Grazie all’autorizzazione dell’editore e dell’autore, pubblichiamo il commento di Sergio Soave apparso sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi.

Appare evidente che la tattica adottata da Pierluigi Bersani sia quella della terra bruciata: se riesce a creare la convinzione che il suo fallimento implica un ritorno quasi immediato alla urne, temuto da molti, compresi numerosi neoparlamentari miracolati dalla lista del Movimento 5 Stelle, può strappare a Giorgio Napolitano il mandato a presentare in parlamento un governo di minoranza, che poi potrebbe passare con una maggioranza millimetrica, fatta di assenze e di piccoli ripensamenti. A quel punto potrebbe far passare i provvedimenti punitivi nei confronti del Popolo della libertà e del suo leader con il consenso dei grillini, per poi andare a elezioni con l’avversario principale azzoppato o magari dichiarato ineleggibile o addirittura costretto all’esilio per evitare il carcere e il movimento grillino indebolito dalla compartecipazione un po’ equivoca alle responsabilità della maggioranza.

A Napolitano questa strategia di avvelenamento dei pozzi non piace affatto e lo ha fatto capire con la massima chiarezza, ma il presidente ha a disposizione poche settimane prima della conclusione di un mandato che non vuole accettare venga confermato per promuovere una soluzione alternativa, che Bersani cerca di rendere impossibile. Quando salirà al Quirinale, Bersani chiederà di poter chiedere la fiducia al senato pur senza disporre di una preventiva disponibilità, e su questo porrà a Napolitano una specie di ultimatum. Napolitano preferirebbe non essere costretto in questa morsa, che sarebbe allentata se i centristi di Mario Monti decidessero di negare con chiarezza la fiducia al tentativo al buio di Bersani, che chiede di passare con il voto dei moderati per poi governare di fatto con quello degli estremisti grillini. Anche gli eletti della lista Monti, che al senato era unitaria e quindi è zeppa anche di presenze provenienti dall’Udc e dal movimento di Gianfranco Fini, temono come il fuoco il ritorno al voto in tempi brevi, il che potrebbe indurli a sostenere qualsiasi governo sembri in grado di allontanare l’amaro calice.

Per resistere alla pressione di Bersani, Napolitano avrebbe bisogno del rifiuto di Monti di appoggiarlo e di un minimo di spazio interno al Partito democratico per un governo indicato dal presidente, spazio che Bersani cerca di chiudere chiedendo ripetutamente un mandato esclusivo dal gruppo dirigente del suo partito, che glielo concede però con evidenti riserve mentali.

Napolitano non ama il braccio di ferro, ha cercato di evitare gli scontri frontali durante tutta la sua esperienza politica, ma sbaglierebbe chi pensasse che per evitarlo sia disposto a cedere accedendo a soluzioni che gli sembrano improprie e inefficaci.


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