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Mattei: ridare senso vero alla parola riformismo

Il riformismo, prerogativa culturale del socialismo, caratterizzo’ con le ‘riforme di struttura’ il centro-sinistra degli anni ’60 e ’70, mutando radicalmente la societa’ italiana e le condizioni di vita dei ceti meno abbienti grazie alla forte spinta delle lotte operaie. In linea con l’art.3 della Costituzione che dispone – “e’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” – quelle riforme, come la scuola dell’obbligo, la nazionalizzazione dell’energia elettrica, lo Statuto dei Lavoratori, la riforma sanitaria, il divorzio e l’aborto, “furono autentiche conquiste della lotta politica e sindacale: e li’ si realizzo’ il piu’ alto cambiamento dei rapporti di forza”, sostiene il giurista Ugo Mattei, professore di diritto civile all’Università di Torino. “Il periodo d’oro di quella che restera’ l’unica stagione riformatrice del Paese sostanzialmente va – precisa Mattei – dall’autunno caldo alla marcia dei 40 mila alla Fiat ed e’ preceduta da un vasto cambiamento culturale”. Frutto del primo centro-sinistra. Poi, a partire dalla metà degli anni ’80, si assiste allo graduale stravolgimento di senso del riformismo: tutti i politici che vogliono assumere cariche di governo, dimostrandosi responsabili e affidabili agli occhi della comunità internazionale, si dichiarano ‘riformisti’. “Ma ora l’uso del nuovo linguaggio riformista accompagna in Italia – chiosa Mattei autore di ‘Contro riforme’ (Einaudi edizioni) – il piú imponente processo di dismissione del patrimonio e delle attivitá economiche pubbliche che l’intera Europa, compresa l’Inghilterra della lady di ferro, la Thatcher, ha mai conosciuto in un periodo tanto concentrato”. Fino a diventare oggi, aggiunge, “un gigantesco quanto complesso dispositivo di potere autoritario globale, che porta alla massima estensione e concentrazione della proprietá privata a scapito di quella pubblica”. Insomma, la nuova ideologia riformista, diversamente dal passato, cambia i principi fondamentali e “mette il denaro, strumento indispensabile dell’attività di consumo e di accumulo, al centro della scala dei nostri valori sociali e promuove il mercato come sola costituzione materiale raggiungendo con il governo Monti il commissariamento della politica rispetto alla finanza: e il rifomismo diviene succube del mercato”. Vittime di questa mutazione sono la sovranità popolare e le classi sociali piu’ deboli. Per uscire da questa “miseria e ridare nobilta’ e senso alla parola per essere coerente con l’art.3 della Costituzione occorre – osserva Mattei – un ripensamento profondo fondato sulla ricerca di nuove istituzioni del comune, capaci di superare l’attuale strutturazione estrattiva dei rapporti proprietari pubblici e privati. Di come rendere costituenti queste alternative occorre iniziare a discutere subito”.Beni comuni, decrescita, ambientalismo, destrutturazione dell’apparato statale sono le direttrici di marcia.


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