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Mosca guarda alla sicurezza dell’Afghanistan post 2014

Nelle discussioni sul futuro dell’Afghanistan una volta completato il ritiro delle truppe da combattimento Nato nel 2014, anche Mosca vuole dire la propria. I russi puntano a sostenere il mantenimento dei sistemi militari afgani e la capacità di risposta delle Forze armate di Kabul, contro il rischio che il disimpegno delle truppe internazionali possa avere ricadute sulla sicurezza del Paese e, quindi, su quella della stessa Federazione russa e dell’Europa.

“Stiamo considerando varie soluzioni sul territorio afgano”, ha detto Sergeti Koshelev, a capo dell’amministrazione per la cooperazione militare internazionale, citato dall’agenzia Ria Novosti, che ieri ha avuto un colloquio con attacchi militari stranieri. Ulteriori dettagli saranno discussi nella conferenza internazionale sugli aspetti politici e militari della sicurezza europea che si terrà a Mosca i prossimi 23 e 24 maggio.

La posizione russa fa leva sul rischio che il ritorno di un regime in Afghanistan possa favorire il terrorismo e il traffico di droga (a novembre l’agenzia dell’Onu per la lotta contro il crimine e la droga sottolineava l’aumento delle coltivazioni di oppio nonostante gli sforzi per sradicare le colture).

Sul ruolo russo in Afghanistan pesa tuttavia il passato dell’occupazione sovietica degli anni Ottanta del secolo scorso, costato la vita a migliaia di soldati e che contribuì al collasso dell’Urss. Dal 2009 Mosca, nonostante posizioni critiche, ha comunque concesso alle forze Nato il transito nel proprio territorio per trasportare materiali non letali utili alla guerra afghana, e pochi giorni fa. Così come ha venduto elicotteri e fornito addestramento agli afgani.

“Mantenere l’equipaggiamento delle forze di sicurezza afgane sarà di massima importanza”, ha detto Koshelev. Se ne discuterà a maggio, assieme alla più stretta collaborazione con le ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale. “Non un dialogo politico”, ha detto il funzionario, “ma l’ipotesi di progetti concreti di cui i militari potranno essere responsabili”.


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