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Perché il giacobino Bersani sfida il costruttivo Napolitano

Grazie all’autorizzazione dell’editore e dell’autore, pubblichiamo il commento di Sergio Soave apparso sul numero odierno del quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi.

L’aspetto più inatteso delle conseguenze dello stallo politico determinato dall’esito del voto è la tensione, ormai palpabile, tra il segretario democratico Pierluigi Bersani e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Bersani chiede un mandato pieno, che, nel caso assai probabile non ottenga la fiducia, gli consentirebbe di gestire da palazzo Chigi la fase elettorale che si aprirebbe in seguito alla sua bocciatura.

Il ruolo del Quirinale

Napolitano intende attenersi alla prassi, che è quella di affidare a un candidato che non dispone di una maggioranza predeterminata solo un mandato esplorativo, in modo che, se se ne constata il fallimento, si può lavorare ad altre soluzioni, mentre a palazzo Chigi resta l’ultimo esecutivo che ha ottenuto una maggioranza, cioè quello presidenziale di Mario Monti.

Stile giacobino e stile costruttivo

Naturalmente non si tratta solo di una interpretazione diversa del dettato costituzionale e della prassi consolidata nell’assegnazione dei mandati, c’è una differenza abissale tra lo stile giacobino che caratterizza Bersani da quando ha letto il bollettino della sconfitta elettorale al quale non si vuole rassegnare, e quello pacatamente ma tenacemente costruttivo di Napolitano, che ha dato prova della sua forza politica con la costituzione del governo di tregua che ha imposto alle formazioni politiche bellicose per tenere a galla i conti pubblici e l’attendibilità finanziaria del Paese.

Il ruolo di Napolitano

Il problema di Bersani è che Napolitano ha dalla sua il ruolo istituzionale e l’autorità politica, il che impedisce di esercitare pressioni su di lui ed espone, al contrario, il segretario democratico all’influenza che più o meno indirettamente l’ex leader comunista esercita all’interno del Pd. D’altra parte non è chiaro perché Bersani abbia rotto con i giustizialisti, sostanzialmente perché la base del Pd non sopportava gli attacchi di Antonio Di Pietro e poi di Antonio Ingroia al Quirinale, per poi impegnarsi in un braccio di ferro con Napolitano che non può vincere.

L’idea di Bersani

L’idea attribuita a Bersani, quella di indurre Napolitano ad anticipare le sue dimissioni di qualche settimana in modo da poter usare i seggi ottenuti con il porcellum per eleggere un presidente della Repubblica più manovrabile, se fosse fondata, darebbe solo la misura della confusione che regna nel Pd, che non sembra ancora in grado di elaborare una linea adeguata alla situazione. Insediarsi di forza a palazzo Chigi senza disporre di una maggioranza che consenta di governare darebbe l’impressione di una volontà di potere fine a se stessa, che sarebbe la peggiore presentazione per un’eventuale nuovo appuntamento elettorale quasi immediato.


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