Il voto italiano riporta al centro del dibattito internazionale il timore dell’ingovernabilità, su cui sono pronti a scatenarsi i mercati finanziari, e l’ammissione del fallimento delle politiche economiche austere che hanno innestato recessione su recessione.
In una conversazione con Formiche.net, Domenico Lombardi, presidente dell’Oxford Institute for Economic Policy (Oxonia) e analista di Brookings Institution, il successo di Beppe Grillo lo spiega così. E, messo da parte l’interlocutore privilegiato della Casa Bianca, Mario Monti, lo scenario politico del Paese torna ad attirare sempre più l’attenzione, e i timori, di Washington.
Non un voto anti-euro, ma anti-austerity europea
E’ stato un voto anti-euro? “Nonostante il successo elettorale del Movimento 5 Stelle – spiega Lombardi – ritengo non sia corretto interpretare il senso complessivo del voto in senso anti-euro. Invece, c’è stata una chiara bocciatura delle politiche di austerità imposte dalla Germania all’Europa come chiave di volta per uscire dalla crisi. Sulla scorta dei dati ora disponibili e delle analisi del Fmi, è ormai chiaro che la cura da cavallo imposta alle economie del Sud Europa non sta funzionando”.
La lontana ripresa economica italiana
Nonostante le manovre fiscali e gli enormi sacrifici dei cittadini, “la sostenibilità del nostro debito pubblico, basata sul rapporto debito/Pil, è peggiorata, non migliorata, mentre si sono alleggerite le tasche degli italiani, soprattutto dei segmenti più deboli della popolazione. I consumi e gli indicatori di fiducia – prosegue – sono ai minimi storici e chiunque parli con gli imprenditori capisce che la prospettiva per una ripresa è, ad oggi, inesistente. Votare contro questo approccio che rischia di portare l’Italia verso la depressione economica, pertanto, non significa necessariamente rigettare l’Europa, semmai alcune sue politiche, come del resto hanno confermato autorevolmente istituzioni internazionali e vari economisti”.
L’attenzione crescente degli Usa per l’Italia
Alla Casa Bianca che soluzione governativa preferirebbero? E al Fmi? “Chiaramente la Casa Bianca cerca di non farsi ingolfare nei meandri oscuri della politica italiana mantenendo un apparente riserbo. Ma, di fatto – sottolinea – il livello di attenzione è cresciuto in misura esponenziale alla luce dei recenti risultati per due motivi. In primo luogo, la sconfitta dei centristi di Mario Monti ridimensiona per gli Stati Uniti un interlocutore autorevole non solo rispetto alle vicende italiane ma nel dibattito europeo, di cui padroneggia lessico, tecnica e strumenti in maniera esemplare”.
Il rischio di far tornare l’Italia l’anello debole della catena
“In secondo luogo – osserva – il risultato complessivo, incerto e frammentario, acutizza la già debole governabilità del Paese in un momento in cui l’Italia può rappresentare l’anello debole della catena dell’Eurozona. La Grecia, il Portogallo, e l’Irlanda, rappresentando economie che pesano poco meno del 2% ciascuna sul Pil dell’Eurozona, si prestano a essere “gestite” con strumenti tradizionali di intervento come i programmi di finanziamento congiunti Esm/Efsf e Fmi. L’Italia, per il peso specifico della sua economia – la terza più grande dell’Eurozona – e lo stock del suo debito pubblico, oltre 2 trilioni di euro, ricade nella categoria dei debitori sistemici per i quali vi sono solo due opzioni in caso di perdita di accesso ai mercati: la ristrutturazione del debito o la sua eventuale monetizzazione da parte della banca centrale. Capisce perché l’Italia fa paura…”
Il perché del successo a metà di Bersani
Ma quali sono stati i maggiori errori commessi da Bersani e Monti? L’eccesso di endorsement delle cancellerie e della stampa internazionale pro Bersani e Monti non hanno potuto favorire indirettamente la rimonta di Berlusconi? “Da economista, il problema per il centro sinistra è stato la sua fondamentale ambivalenza rispetto alle grandi questioni economiche e sociali che hanno definito l’elettorato in queste elezioni: l’agenda Monti va bene oppure no? Il consolidamento fiscale va bene oppure no? Le riforme vanno fatte oppure no e, se sì, quali? A Berlino, bisogna sempre dire di sì oppure si può dire anche di no? Nel tentativo di tenere insieme un coacervo di sensibilità molto diverse, Bersani è stato costretto alla fine a diluire il messaggio, compromettendone efficacia e appeal con l’elettorato”.
L’ambivalenza di Monti
Riguardo Monti, anche nel suo caso “il messaggio è stato ambivalente: voleva fondare una nuova formazione ma poi l’ha costituita con forze, rispettabilissime, che di nuovo hanno assai poco. Voleva creare una grande formazione di massa, ma alla fine ha ceduto all’elitismo. Soprattutto, in un momento in cui l’elettorato richiede una relazione maggiormente dialettica con l’Europa, la sua immagine è stata considerevolmente appiattita dai numerosi endorsement ricevuti dai leader europei, Angela Merkel in primo luogo”, conclude Lombardi.