Iniziata giovedì alle 20,01 la Sede apostolica vacante, il periodo che va dalle dimissioni di Benedetto XVI all’elezione del suo successore, quasi certamente prima della settimana santa. La procedura del periodo in cui il trono di Pietro resta vuoto sarà la stessa di quando un Papa muore, eccetto il fatto, naturalmente, che non ci saranno i “novendiali”, i nove giorni di esequie. Domani, primo marzo, il cardinale decano, Angelo Sodano, invierà a tutti i cardinali – quasi tutti già arrivati a Roma – la lettera di convocazione per le “congregazioni generali”, le discussioni alle quali prendono parte sia i cardinali elettori con meno di ottanta anni che i cardinali ultraottantenni che rimarranno poi fuori dalla Cappella Sistina. Passato il sabato e la domenica, le riunioni non prenderanno inizio, dunque, prima di lunedì quattro marzo. I cardinali, peraltro, non abiteranno alla domus Santa Marta, dentro il Vaticano, fino alla vigilia del Conclave. Nei prossimi giorni pernotteranno, pertanto, nei vari collegi, seminari, case del clero sparse per la città eterna. Durante il periodo della Sede vacante la Chiesa è amministrata dal cardinale camerlengo, attualmente il segretario di Stato Tarcisio Bertone, il quale, coadiuvato dal vice-camerlengo, mons. Pierluigi Celata, assume di fatto le funzioni del governo ordinario. Le procedure per la Sede vacante, così come per il Conclave, sono dettate dalla costituzione apostolica ‘Universi Dominici Gregis’, promulgata da Giovanni Paolo II il 22 febbraio 1996 e emendata due volte da Benedetto XVI, nel 2007 per mantenere la maggioranza di due terzi fino all`ultimo scrutinio del Conclave, e, pochi giorni fa, con un “motu proprio” che ha ritoccato alcune questioni procedurali, a partire dalla possibilità – che spetta comunque ai cardinali – di anticipare l`avvio del Conclave.
Questa modifica si è resa necessaria per il fatto straordinario rappresentato dalle dimissioni del Papa. La normativa vaticana, infatti, già prevedeva che i cardinali dovessero attendere quindi giorni i cardinali “assenti”, aggiungendo poi che il Conclave non poteva iniziare più tardi di venti giorni dall’inizio della Sede vacante. Benedetto XVI si è dimesso, i cardinali hanno avuto un lungo preavviso per arrivare a Roma, e dunque, se non ci sono assenti, il Conclave poteva essere anticipato. I giuristi della Santa Sede, tuttavia, hanno temuto che non bastasse questa interpretazione giurisprudenziale.
Se qualcuno, il giorno dopo l`elezione, contestasse l`elezione del nuovo Papa, sostenendo che la norma della convocazione del Conclave è stata travisata? Meglio evitare. Per questo, il 22 febbraio Benedetto XVI ha firmato il “motu proprio” ‘Normas nonnullas’ che sancisce che “dal momento in cui la Sede Apostolica sia legittimamente vacante, si attendano per quindici giorni interi gli assenti prima di iniziare il Conclave; lascio peraltro al Collegio dei Cardinali – ha scritto Ratzinger – la facoltà di anticipare l’inizio del Conclave se consta della presenza di tutti i Cardinale elettori, come pure la facoltà di protrarre, se ci sono motivi gravi, l’inizio dell’elezione per alcuni altri giorni.
Trascorsi però, al massimo, venti giorni dall’inizio della Sede Vacante, tutti i Cardinali elettori presenti sono tenuti a procedere all’elezione”. Benedetto XVI, dunque, non ha fissato la data di apertura del Conclave, ma ha lasciato i cardinali liberi di farlo. Tre cardinali non italiani – Dolan di New York, George di Chicago e Vingt-Trois di Parigi – hanno già detto che non ritengono si debba accelerare, temendo forse che altri porporati vogliano approfittare della fretta per eleggere un Pontefice poco vagliato. Altri puntano ad aprire la cappella Sistina attorno al 10-11 marzo. La decisione verrà presa nei prossimi giorni, a maggioranza assoluta, dai cardinali delle congregazioni generali.
Già da giovedì sera, ad ogni modo, tutti i capi-dicastero della Curia Romana, compreso il cardinale segretario di Stato, sono decaduti dal loro incarico, ad eccezione dello stesso Camerlengo e del vice-camerlengo, del penitenziere maggiore (card. Manuel Monteiro de Castro), del cardinale vicario di Roma (Agostino Vallini), di quello della Città del Vaticano (Angelo Comastri) e del decano del Collegio cardinalizio (Angelo Sodano). Restano in carica anche i segretari dei dicasteri per la gestione ordinaria, così come l’elemosiniere di Sua Santità (mons. Guido Pozzo) e il cerimoniere pontificio (mons. Guido Marini). Concluse le congregazioni generali, il cardinale decano presiede la messa “Pro eligendo Papa” e, subito dopo, le porte della Cappella Sistina si chiudono per l`avvio delle votazioni. A dare l'”extra omnes” sarà il maestro delle celebrazioni liturgiche.
I cardinali elettori, che dormono nella domus Santa Marta, dentro il Vaticano, non devono parlare con l`esterno e non devono essere avvicinati da nessuno. Schermati i telefonini, vietato Twitter, bonificati i locali, scomunica ‘latae sententiae’ per i pochissimi addetti che coadiuvano i cardinali che rivelassero qualche informazione. Le regole delle votazioni seguiranno il “motu proprio” promulgato dallo Benedetto XVI nel giugno 2007, secondo il quale per eleggere il Papa sarà sempre necessaria una maggioranza qualificata di due terzi degli elettori, anche dopo il passaggio al ballottaggio tra i due più votati che – per volontà di Wojtyla – scatta dopo 34 fumate nere. Una norma che Ratzinger ha voluto per evitare l`elezione – a maggioranza risicata – di personalità troppo “polarizzanti” e “divisive”. I due cardinali rimasti in lizza, peraltro, non potranno partecipare attivamente al voto.
Se per un candidato i voti raggiungono i due terzi dei votanti, l’elezione del Pontefice e’ canonicamente valida. L’ultimo dell’ordine dei cardinali diaconi richiama il maestro delle celebrazioni liturgiche e il segretario del collegio cardinalizio. Il decano o il vice decano oppure il primo cardinale dei cardinali vescovi (in questo Conclave, sarà Giovanni Battista Re, poiché il decano Sodano e il vice decano Etchegaray sono ultraottantenni) si rivolge all’eletto dicendo: “Acceptasne electionem de te canonice factam in Summum Pontificem?” (Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice?) e a risposta affermativa, soggiunge: ”Quo nomine vis vocari?” (Come vuoi essere chiamato?), domanda a cui il neo-eletto risponderà con il nome pontificale. Dopo l’accettazione si bruciano le schede, facendo in modo che dalla piazza San Pietro possa vedersi la classica fumata bianca.
Al termine del Conclave il nuovo Papa si ritira nella “stanza delle lacrime”, ovvero nella sacrestia della Cappella Sistina, per indossare per la prima volta i paramenti papali con i quali si presenterà in pubblico dalla Loggia delle benedizioni della basilica di San Pietro. Il nome di tale luogo deriva dal fatto che, si presume, il pontefice scoppi a piangere per la commozione e per il peso della responsabilità del ruolo che è chiamato a svolgere. Tradizionalmente, nella sacrestia sono presenti paramenti papali di tre diverse misure, che possono approssimativamente adattarsi alla taglia del nuovo eletto. Dopo la preghiera per il nuovo Pontefice, di nuovo nella Sistina, e l’ossequio dei cardinali viene intonato il “Te Deum”, che segna la fine del Conclave.
L’annuncio dell’elezione vede il cardinale protodiacono affacciarsi dalla loggia centrale della Basilica e pronunciare l'”Habemus papam”. Quindi il nuovo Pontefice, preceduto dalla croce astile, impartirà la solenne benedizione “Urbi et Orbi”.