L’appuntamento con la “Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza” corrisponde ad un impegno di apertura e trasparenza che, nei limiti tipici della materia, consenta un dibattito tra specialisti ma anche nell’opinione pubblica.
L’importanza delle imprese
La Relazione quest’anno presenta elementi di novità sostanziale nell’attenzione all’aspetto economico degli assetti produttivi. In passato, la difesa degli stessi appariva quasi come un tabù forse di carattere liberale, o peggio (politically correct?). La conservazione di uno specifico assetto produttivo – quello fondato su eccellenze tecnologiche e manifatturiere in segmenti critici per l’industria della difesa (aerospaziale, navalmeccanico) può certamente in molti casi coincidere con la tutela di un determinato assetto proprietario. Nella misura però in cui le imprese strategiche, terminali di queste reti di manifatturiero avanzato che innervano e rendono competitivo il nostro Paese, mantengono elevati standard di corporate governance e non sono legate ad un gruppo troppo ristretto di azionisti, il rischio insito in questa commistione di piani è probabilmente inferiore a quello di una vigilanza distratta, lontana, attenta solo al rispetto di regole generiche di concorrenza e indifferente ai soggetti coinvolti nella competizione.
L’ombra del ’93
Non è formalità, per esempio, l’assalto a un gruppo di comando di una grande impresa presente in tutto il mondo (ne abbiamo almeno due esempi, oggi in Italia), che così perde quote di mercato ed eventualmente anche valore di Borsa. Il tutto a colpi di dossieraggio e con la grancassa di alcuni media. Quando capitò la prima volta – nell’ormai lontano 1993 – l’Italia era sprovveduta, forse resa inerme dalla lunga abitudine ad operare al riparo di invisibili, ma altissimi, confini geopolitici presidiati da altri. In vent’anni le cose sono certamente cambiate, e la sensibilità e preparazione dei servizi segreti corrisponde a una maggiore consapevolezza della posta in gioco, che non è più tra cordate opposte all’interno del piccolo giardino italiano, ma su un campo che corrisponde al mercato mondiale in cui si proietta l’Europa, massima potenza economica, di cui siamo parte integrante (per fortuna). Lo stesso dicasi degli operatori dei media che nel 1993 non fecero che riflettere il tradizionale frazionismo nostrano, in cui, fin dal Medioevo, era più importante mostrare lealtà al proprio “capitano di ventura” (un tempo in scintillanti armi, più recentemente in grisaglia) piuttosto che ad un inesistente Paese.
Una lotta di influenza
La consapevolezza dei punti di forza del sistema-Italia richiede una maggiore accortezza, perché la lotta si è fatta durissima. Possibile collegare anarchismo informatico (alla Assange, per intenderci) e manovre di grandi o medie potenze, o ad attacchi speculativo-finanziari per strappare quote di mercato e potere a Paesi in momentanea difficoltà? Sembra fantascienza, eppure nel mare di forze cibernetiche scatenate dalla rivoluzione nelle comunicazioni, inattesi connubi e alleanze non intenzionali sono all’ordine del giorno. Un’ulteriore riflessione si potrebbe ora aprire anche sulla vicenda dei Piigs – la creazione di un confine tra “Paesi virtuosi” e “Paesi indisciplinati” all’interno dell’Europa. Essa presenta tratti inquietanti di manipolazione che è al tempo stesso informativa e finanziaria, andando cioè a intrecciare elementi intangibili (la reputazione) e interessi concreti (il costo del debito). Siamo sicuri che sia una mera coincidenza, che riguardi solo la contabilità e non abbia una propria direzionalità politica, con ricadute ideologiche nazionali (prevalentemente anti-tedesche, evidenti a livello del dibattito attuale, ma anche implicitamente anti-europee)?
La difesa cibernetica deve dunque mirare a questo: protezione degli interessi dello Stato in accordo con quelli europei e conservazione di equilibri generali e particolari (dunque anche “microeconomici”) agibili per gli interessi fondamentali del Paese, siano essi di natura tecnologico-produttiva (le reti, le infrastrutture critiche) o ideologico-politica (il flusso informativo), con il lodevole e condiviso obiettivo di mantenere o rafforzare l’influenza dell’Italia nello scacchiere internazionale.