Che la ruota debba girare, Pierluigi Bersani l’ha sempre detto. Il segretario del Pd è sempre stato consapevole che queste elezioni sarebbero state il suo momento, l’ultimo, prima di affidare ad altri il futuro del partito. Ma che questo fosse così imminente certo non l’aveva messo in conto. E tra il voto e il passaggio di testimone, per il figlio del benzinaio di Bettola c’era in mezzo il sogno di diventare presidente del Consiglio. Un sogno che oggi sembra quasi svanito, anche se Pippo Civati consiglia di aspettare qualche ora prima di dire che Bersani ha perso.
Bersani già spacciato?
La sua strada stretta per la formazione del governo appare, come ha commentato Angelino Alfano, “un vicolo cieco” e sono in molti a dare per spacciato il presidente preincaricato da Giorgio Napolitano, ancor prima che salga al Colle. Il Giornale lo paragona oggi in prima pagina a Fantozzi mentre l’Unità si fa complottista, arrivando a prefigurare un patto Berlusconi-Grillo per fare fuori Bersani.
Il punto dentro la Coalizione
Lui va avanti “con determinazione”, ha fatto sapere ieri sera a Linea Notte una bersaniana di ferro come Alessandra Moretti, e impiega le ultime ore che gli restano prima della resa dei conti con il capo dello Stato per fare il punto all’interno della sua coalizione. Stamattina ha incontrato il Centro democratico di Bruno Tabacci e Sinistra Ecologia e Libertà di Nichi Vendola che gli hanno ribadito la loro volontà di presentarsi davanti alle Camere e il loro pieno appoggio.
Il malcontento celato nel Pd
Ma è sul non appoggio di tutte le altre forze politiche che sta il problema. Bersani ha detto di non voler scendere a patti con il Pdl né tantomeno vuole fare “diktat” al capo dello Stato ma sa bene che su quest’ultima prova si gioca il suo futuro politico all’interno del Partito.
La lealtà del “tutti per Bersani” che sembra aleggiare ora a Largo del Nazareno è molto fragile e destinata a finire un minuto dopo il momento in cui Napolitano certificherà il suo fallimento. Il partito del “noi l’avevamo detto” è già in agguato. I segnali ci sono e Rosy Bindi li ha fatti trasparire tutti quando ieri ha detto “Siamo partiti incontrando Saviano e finiamo chiedendo i voti a Miccichè”.
Renzi c’è
Matteo Renzi ha sempre detto di non voler far parte degli sciacalli del giorno dopo ma è evidente che non appena scenderà il buio sul tentativo di Bersani, inizierà il nuovo giorno del sindaco di Firenze. Il rottamatore, osannato dai sondaggi, ha sempre detto di non voler finire alla guida del Paese per cooptazione e di preferire un percorso che includa le primarie. Ma è chiaro, come ha detto un suo fedelissimo, Roberto Reggi, al Foglio, che se il capo dello Stato dovesse chiamare, lui risponderebbe sì.