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Spirale mortale per gli F-35

Il rischio per il programma F-35 è la cosiddetta spirale della morte. Per tenere basso il prezzo dei velivoli occorre costruire e vendere più aerei, tuttavia la necessità dei governi di tenere d’occhio i bilanci fa sì che gli ordini calino. Il prezzo invece di calare sale e il risultato è la cancellazione di nuovi acquisti. Per il più costoso progetto d’arma al mondo è ciò che sta accadendo.

Nei giorni scorsi il Pentagono ha rimarcato la priorità del programma e auspicato di poter evitare che cada sotto la scure dei tagli automatici al bilancio, scattati lo scorso primo marzo per il mancato accordo parlamentare sulla riduzione del deficit, che per quest’anno toglierà dalle casse del dipartimento 46 miliardi di dollari. Le considerazioni economiche si accompagnano alle polemiche sui problemi tecnici ancora irrisolti e, come evidenziato da Gianandrea Gaiani sul Sole24Ore, su quelle che sono state le obiezioni per l’addestramento su velivoli ancora incompleti.

Al momento sono in dubbio gli ordini della Marina. Quello per 40 dei 260 modelli destinati al reparto è stato posticipato. Il rischio, riporta la Reuters è che il risparmio nel breve termine possa invece portare a distanza a ulteriori spese. La cifra citata dall’agenzia britannica, secondo analisi non ancora rese pubbliche, si aggirerebbe tra il miliardo di dollari e i 4 miliardi, fondi  che andrebbero ad aggiungersi al record di 396 miliardi di dollari già fatto segnare dal programma F-35.

Secondo un rapporto governativo, il prezzo per velivolo è già passato dai 69 milioni di dollari del 2001 agli attuali 137 milioni e “ulteriori aumenti potrebbero scoraggiare potenziali acquirenti”.

L’ipotesi di cancellazione del programma non è tuttavia sul tavolo. Gli Usa devono rinnovare la propria flotta e gli F-35 sono al momento la sola opzione. D’altronde la produzione è spalmata su almeno 46 stati, e la Lockheed Martin, società produttrice, ha buon gioco a far leva sui vantaggi occupazionali del progetto. Ad oggi, salvo riduzioni delle commesse, Washington ha previsto l’acquisto di oltre 2.400 velivoli, di cui 1,763 modelli A (variante a decollo ed atterraggio convenzionale) per l’Aviazione, 420 tra modelli B (variante a decollo corto e atterraggio verticale ) e C (variante per portaerei) per il corpo dei Marine, e i già citati 260 modelli C per la Marina.

“Ogni cancellazione dell’acquisto degli F-35 mette a rischio l’abilità dei Marine di condurre operazioni e la risposta nazionale alle situazioni di crisi”, ha detto alla Reuters il tenente generale Robert Schmidle.

Secondo i primi calcoli, il taglio di nove aerei garantirebbe un risparmio di 1,3 miliardi, ma porterebbe a un aumento di quasi 800 milioni sugli altri velivoli, scrive l’agenzia. Se la Marina dovesse rinviare l’acquisto dei 40 modelli C, il costo per questa versione salirebbe di 4,5 milioni per aereo e tra i 1,5 milioni e 2,6 milioni per i modelli previsti per Aviazione e Marine.

La spirale è da evitare ha detto in settimana il tenente generale Christopher Bogdan. Certo alcuni acquirenti come Turchia, Canada, Australia hanno già iniziato a tagliare gli ordini o si discute se farlo o no. A Canberra ad esempio si discute se tagliare 30 o 50 velivoli rispetto ai 100 previsti. Si guarda all’Asia per porre una pezza. La Corea del Sud potrebbe optare per gli F-35. Nessun passo indietro sembra invece previsto in Giappone, dove per la prima volta in 11 anni c’è stato un aumento del proprio budget per la difesa.

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