Grazie all’autorizzazione dell’editore del gruppo Class, pubblichiamo l’editoriale di Pierluigi Magnaschi comparso sul quotidiano Italia Oggi
Il ministro degli esteri Giulio Terzi, nel corso del dibattito alla Camera sui marò, prima sottratti e poi restituiti alla giustizia indiana, si è dimesso dall’incarico, dopo aver precisato che i marò «non dovevano rientrare in India ma la mia voce è rimasta inascoltata nel governo».
Terzi però non doveva dimettersi adesso, bensì appena prima la restituzione dei marò e dopo aver sostenuto in pubblico le sue ragioni contro il governo di cui faceva parte. Tali ragioni non potevano essere sottratte al dibattito politico. E solo dopo che le sue posizioni fossero rimaste disattese, la sue dimissioni sarebbero diventate, a quel punto, indispensabili, fisiologiche, salutari e inevitabili.
Questa tragedia (per le conseguenze che ha su due militari che, con il loro comportamento ineccepibile, hanno meritato la fiducia del Paese) ha assunto i caratteri della farsa. L’intera vicenda infatti è stata gestita in modo dilettantistico, da gente che prima ha sottovalutato il problema e poi, facendo delle mosse, spesso arrischiate, non è riuscita nemmeno a prevederne gli effetti conseguenti. La gestione al buio di un problema così scottante, ad esempio, non ha certo consentito di portare la vicenda su binari comprensibili.
A tutt’oggi, ad esempio, non si sa nemmeno se la decisione di non restituire a Nuova Delhi i due marine del Battaglione San Marco, contravvenendo così agli impegni presi con le autorità indiane, sia stata presa dal governo italiano (come avrebbe dovuto accadere e come, fino a ieri l’altro, Terzi sosteneva fosse avvenuto) oppure dal solo ministro degli esteri, all’insaputa dell’esecutivo (come i collaboratori di Monti hanno fatto sapere).
Terzi è l’apologo del tecnico che è strutturalmente incapace di fare il politico. Terzi non è un principiante. Era ambasciatore negli Usa, cioè il nostro miglior ambasciatore, visto che reggeva la nostra più importante ambasciata. Ma un ambasciatore è un professionista che agisce nell’ombra, che suggerisce soluzioni e non è preparato, né a comunicarle, né a sostenerne, in prima persona, le conseguenze.
È un centometrista che è stato usato per fare la maratona. Era quindi inevitabile che, dopo un chilometro di corsa, fosse stravolto. Lo stesso dicasi per i professori universitari. Sono abituati a insegnare, non a ricevere delle lezioni: nella buriana sono disorientati e, perdendo l’aplomb, dicono poi delle cose dell’altro mondo.