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Diamo a Monti l’onore delle armi

Caro direttore,

faceva impressione vedere l’uscita quasi furtiva di Mario Monti e signora da Palazzo Chigi dopo il passaggio di consegne a Enrico Letta, in un clima da coprifuoco, sullo sfondo delle ambulanze e della concitazione delle forze dell’ordine dopo la sparatoria, mentre troppi osservatori e politici collegavano sciaguratamente il folle atto dello sparatore alla crisi e al disagio sociale, quasi che la responsabilità ultima del ferimento dei due carabinieri (come dei suicidi di imprenditori e disoccupati) sia del governo Monti.

Invece io penso che a Monti sia dovuta la riconoscenza dell’Italia per il servizio reso al Paese, pur tra errori e incomprensioni. Certo, Monti forse ha sbagliato a candidarsi. Candidandosi, ha sbagliato ad allearsi con Casini e Fini. Ha sbagliato a non avviare in autunno alcune misure per la crescita battendo i pugni in Europa. Forse ha anche sbagliato a dimettersi prima della scadenza naturale, anticipando così le elezioni a febbraio anziché ad aprile.

Ma deve essere chiaro che se abbiamo potuto attendere 60 giorni il nuovo governo senza scossoni finanziari, se oggi abbiamo la possibilità di restituire i soldi che lo Stato deve alle imprese, se potremo uscire dalla procedura d’infrazione per deficit eccessivo e con ciò chiedere maggiore elasticità nella politica di risanamento, lo dobbiamo a lui. Le sue scelte sono state dure, a volte “brutali”, come ha riconosciuto egli stesso. Ma sono state indispensabili per evitare all’Italia il fallimento, l’uscita dai mercati finanziari, gli aiuti europei e la perdita di sovranità economica come in Grecia.

Oggi molti dicono che l’Italia non sarebbe comunque fallita, che i rischi di non pagare stipendi pubblici e pensioni sono stati artatamente gonfiati, che il rigore è stato eccessivo. Mancando, per fortuna, la controprova, ciascuno può dire quel che vuole. Ma – e questi sono fatti – a novembre 2011 i tassi d’interessi dei Btp erano al 7,4 contro il 4% di oggi e quelli sui Bot a sei mesi oltre il 6% contro lo 0,5% dell’ultima asta. Questo significa che senza le azioni di risanamento ci saremmo dovuti dissanguare ben di più, e solo per pagare gli interessi sul debito.

Alcuni dicono che il calo dei tassi si deve essenzialmente a Draghi, non a Monti. Ma Draghi avrebbe potuto fare qual che ha fatto, sfidando le ire della Bundesbank che è stata persino sconfessata dalla Merkel, senza il risanamento di Monti. Io penso di no. Quindi il merito del calo dei tassi va quanto meno diviso tra Draghi e Monti.

L’azione di Monti, che il Presidente Napolitano ha difeso anche durante il discorso di insediamento, è stata sottoposta al fuoco di fila delle accuse più violente e fantasiose in campagna elettorale, accuse che hanno fatto presa su una parte cospicua della borghesia, sempre oscillante tra conservatorismo e anarchia, che si è fatta affascinare dagli opposti populismi e dalle facili e illusorie promesse di Berlusconi e di Grillo, e non ha votato Monti, suo candidato naturale. La campagna elettorale, ad esempio, ha avuto come tema centrale l’Imu sulla prima casa, che già oggi il 30% delle famiglie non paga e che il restante 70% paga in media 260 euro l’anno: un non-problema. I partiti si sono accaniti contro Equitalia, senza spiegare come si può combattere l’evasione in assenza di un’ agenzia di esazione rigorosa e comunque guidata dalla legge.

Credo che Monti abbia pagato caro il suo assoluto rigore contro l’evasione fiscale e contro ampi settori della spesa pubblica improduttiva, che sono stati protetti dai partiti e dal Parlamento (basta vedere che fine ha fatto l’azione del governo per ridurre i costi delle Province…). Anche per questo gli dobbiamo tutti l’onore delle armi.


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