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Berlusconi-Allegri: storia di un rapporto mai decollato

Dicono che il feeling non sia mai scattato, neppure nella prima stagione, quella dello scudetto. Vuoi per differenti vedute calcistiche, per il diverso modo di porsi di fronte ai media, o semplicemente per scarse affinità caratteriali, ma Silvio Berlusconi e Massimiliano Allegri non si sono mai presi. Il rapporto decolla con fatica fin dall’inizio, giorno della presentazione compreso. Deve essere l’Allegri’s day, poi a Milanello atterra (è proprio il caso di dirlo) il Cavaliere, attirando a sé attenzioni e riflettori. Con buona pace dell’allora neo-tecnico, che si limita ad una presenza silenziosa, impacciata, a tratti perfino imbarazzata. Come quando Berlusconi, a chi gli chiede il perché di quella scelta, indica nel “physique du role” la principale dote di Allegri. Un complimento certo, peccato che si parlasse di un allenatore, non di un fotomodello… Ma i problemi veri cominciano in seguito. La prima grana arriva con Ronaldinho, accantonato dall’allenatore senza troppi complimenti: il brasiliano è più attivo nelle discoteche che in campo, ma resta pur sempre il pupillo del presidente. A maggio 2011, subito dopo lo scudetto, la seconda grossa incomprensione. Dopo aver appreso che per lui non ci sarebbe stato più spazio davanti alla difesa, Andrea Pirlo lascia il Milan per accasarsi alla Juventus. I risultati li conosciamo tutti, e segnano una spaccatura piuttosto netta fra le parti, nella quale finisce coinvolto anche Galliani. Finché si vince i problemi restano sulla carta, ma quando a maggio 2012 la Juve si laurea campione d’Italia, ecco emergere i grossi malumori di uno spogliatoio piuttosto turbolento. La successiva rivoluzione (via Ibra, Thiago Silva e quasi tutti i senatori) lascia ad Allegri una squadra profondamente rinnovata (e indebolita), tutta da assemblare, possibilmente alla svelta. Arriviamo così alla stagione in corso, che il tecnico comincia malissimo. Alla 12° giornata, dopo la sconfitta interna con la Fiorentina, solo un miracolo di Galliani evita un esonero già deciso. La risalita del Milan placa poi gli animi, ma di rinnovo contrattuale neanche a parlarne. Anche perché nel frattempo, complice la campagna elettorale, Berlusconi non risparmia frecciate in sequenza al suo allenatore. Poco prima del match col Barcellona invoca una marcatura a uomo su Messi, ma poi, già sapendo che Allegri non lo ascolterà, esclama: “El no capisse un casso”, in onore alla sua visita in Veneto. Il Milan batte i blaugrana 2-0, ma al ritorno cade con un fragoroso 0-4, rimediando l’eliminazione dalla Champions. Il presidente evita dichiarazioni pubbliche, ma chi era con lui lo descrive furibondo e incredulo. L’apice arriva però pochi giorni fa, dopo il trittico Fiorentina-Napoli-Juventus, nel quale i rossoneri raccolgono solo 2 punti, complicando la propria rincorsa alla zona Champions. Il Cavaliere è stufo di Allegri e progetta un clamoroso avvicendamento con Clarence Seedorf. Uno che non ha mai allenato, ma che da calciatore ha vinto tutto (4 Champions con 3 squadre diverse), parla sei lingue e si pone in maniera impeccabile di fronte ai media. L’unica speranza del tecnico sembra essere la curva Sud, che ha preso le sue parti (“Più rispetto per il nostro mister Allegri” lo slogan esposto su uno striscione). Questo potrebbe indurre Berlusconi ad un piccolo ripensamento, perché il volere popolare è da sempre in cima alla lista delle sue priorità. Ma lo è anche l’accantonamento di Allegri, la cui permanenza in rossonero ha ormai le ore contate.


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