A sintetizzare gli incubi che agitano i sonni del centrodestra ci pensa stamattina Vittorio Feltri sul Giornale: “Occhio, ci rifilano Prodi”. La nomina dei dieci seggi da parte di Giorgio Napolitano viene letta nel partito di Silvio Berlusconi come un tentativo di allungare i tempi e rendere impraticabile la strada delle elezioni a giugno. E soprattutto influenzare la partita più importante, quella per il Quirinale. Il Cavaliere teme infatti che la pausa imposta dal capo dello Stato possa agevolare un accordo tra Pd e Movimento 5 Stelle sul nome del successore di Napolitano.
Il nome di Prodi
E nel totonomi per il Colle sui giornali prende sempre più forza quello di Romano Prodi. L’ex presidente del Consiglio è stato citato in un post sul blog di Beppe Grillo perché “cancellerebbe dalle carte geografiche Berlusconi”. E più che dalle carte geografiche, l’obiettivo in casa del Partito Democratico, o meglio in casa Bersani, è di cancellare l’ipotesi Berlusconi dal governo. Perché il segretario Pd non ha ancora perso le speranze di guidare il suo “governo del cambiamento” e la presenza sul Colle di un nome “amico” come quello di Prodi sicuramente faciliterebbe le cose.
La fronda compatta nel Pdl
“Bersani ed il Pd stiano molto attenti a non creare rotture politiche traumatiche pericolosissime per la tenuta stessa della democrazia”, avverte a riguardo il senatore del Pdl Altero Matteoli, “il giochino di insediare un governo di minoranza, senza la fiducia del Parlamento per rinviare le elezioni alle calende greche, avrebbe conseguenze a quel punto non prevedibili a cui non vogliamo neppure pensare. Auspichiamo che le forze di sinistra abbiano rispetto per gli italiani che lo votano e lo voteranno anche in futuro e che si rendano conto che la loro mancata vittoria apre solo due possibilità: o un governo di larga intesa sulle cose da fare per il Paese o il voto subito a giugno. Se si vuole restare nell’ambito della democrazia sancita dalla Costituzione, tertium non datur”.
Un aut aut che ripete a gran voce tutto il Pdl. Ieri l’appello di Angelino Alfano al presidente della Repubblica affinché riprenda in fretta le consultazioni perché “la casa brucia”. Oggi nuove parole di Renato Brunetta che spiega “o da subito un governo di larga coalizione o le urne, tutte le altre strade sono da irresponsabili”. L’ex ministro della pubblica amministrazione critica inoltre il saggio appartenente al suo partito Gaetano Quagliariello dicendo che lui non avrebbe mai accettato l’invito del Colle. E dal canto suo l’interessato fa sapere che i due gruppi di lavoro possono essere “uno strumento per facilitare l’uscita da vicolo cieco nel quale siamo finiti”, ma, “se diventeranno qualcosa di diverso per ampliare la palude sarò il primo a denunciarlo”.
L’amarezza di Napolitano e la vera partita
Così mentre Napolitano confessa al Corriere della Sera tutta la sua amarezza per essere stato “lasciato solo dai partiti”, i partiti sembrano poco se ne curano e si concentrano sul nome del suo successore, la vera partita a contare in questo momento. Il fischietto è già pronto: dal 15 aprile il parlamento si riunirà in seduta comune per eleggere il nuovo inquilino del Colle. Ed è da qui che si passa per sapere anche quello di Palazzo Chigi.