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Una bomba economica per sconfiggere la Corea del Nord

Da oggi la Corea del Nord ha bloccato l’accesso alla zona industriale di Kaesong, che è in territorio nordcoreano ma ospita fabbriche di entrambi i Paesi. La misura aumenta le tensioni il giorno dopo l’annuncio della riattivazione delle installazioni nucleari, inclusi il reattore della centrale di Yongbyon e la pianta di uranio, tutti elementi del programma di armi atomiche, mentre la  Russia ammette che è preoccupata perché la situazione è “esplosiva”. 

La conferma è arrivata dal Ministero dell’Unificazione sudcoreano: Pyongyang ha informato della cancellazione dei trasferimenti verso Kaesong, anche se farà la concessione e permetterà il rientro di 861 cittadini che erano nel complesso industriale. A bloccare questo flusso economico sono le tensioni politiche.

Circa 480 persone dovevano viaggiare oggi a Kaesong, dove lavorano 53.000 nordcoreani in 123 imprese. Il divieto di transito in questo parco industriale è significativo perché rappresenta, dalla sua creazione nel 2004, la cooperazione tra i due Paesi.

Come ricorda la Bbc, nonostante tutte le crisi, Pyongyang aveva sempre protetto Kaesong, visto che è un punto nevralgico della fragile economia nordcoreana. Nel 2012, la zona ha prodotto 450 milioni di dollari. Non lasciarla fuori dal conflitto questa volta è il segno che si fa sul serio.

Lezioni economiche

Per Mark Fitzpatrick, direttore del programma di non proliferazione e disarmo dell’International Institute For Strategic Studies, l’annuncio della Corea del Nord smonta tutti gli sforzi internazionali per limitare il programma nucleare. Ma per riavviare il reattore di Yongbyon ci vorrà, tecnicamente, molto tempo. Da sei mesi a un anno.

L’unica speranza, secondo Fitzpatrick, è che parallelamente allo sviluppo nucleare la Corea del Nord ha bisogno della crescita economica. E senza il sostegno del commercio estero questa opzione è impossibile da sviluppare. “Se il leader Kim Jong-un ha imparato qualcosa negli anni della sua gioventù in Svizzera, speriamo sia di economia”, ha detto l’analista.

Restrizioni commerciali

Un editoriale di oggi del Washington Post fa un riassunto della situazione di crisi nella Penisola coreana e sottolinea il rischio che questa volta si concretizzino materialmente le minacce verbali: “Il governo della Corea del Sud ha promesso di rispondere, quindi gli Stati Uniti devono essere pronti per una possibile escalation militare”, ha scritto il quotidiano americano.

L’articolo sostiene che quello di cui l’amministrazione di Barack Obama deve tenere in conto è la necessità di una nuova strategia per rispondere alle provocazioni. La diplomazia, fino ad oggi, non ha funzionato. Neanche le pressioni della Cina per trattenere il regime di Kim. La storia insegna invece che sono servite le sanzioni finanziarie mirate alla classe dirigente e il congelamento dei conti in una banca di Macao da parte di George W. Bush.

“Anche se un sacco di sanzioni sono state applicate, il Tesoro degli Stati Uniti potrebbe ancora fare di più per tagliare le relazioni tra banche internazionali e Corea del Nord”, ha spiegato il Washington Post . A Mr. Kim bisogna fare capire che con le provocazioni non si ottengono premi, ma maggiore pressione sulle sue attività commerciali a livello internazionale.

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