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Chi perde con il governo Letta

Chi vince con il governo presieduto da Enrico Letta? Giorgio Napolitano, Silvio Berlusconi e Beppe Grillo.

E chi perde con l’esecutivo guidato dall’ex vicesegretario del Pd che oggi parla alle Camere?

Strano ma vero: il segretario del Pd. Sì, Pierluigi Bersani.

Strano, perché il Pd ha pilotato con successo le elezioni dei presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Piero Grasso. E di sicuro anche Napolitano non è lontano dal Pd…

Vero, perché Bersani ha sì registrato una striminzita vittoria elettorale che lo ha fatto diventare fin troppo ebbro di gioia, ma ha subìto una serie di sconfitte politiche frutto di continui capovolgimenti di strategie e di tattiche: prima la fissa per un governo di minoranza Pd con il sostegno del Movimento 5 Stelle, quindi un uomo per il Colle alla Franco Marini che prefigurava un accordo indiretto di larghe intese anche per l’esecutivo, poi Romano Prodi con un’inversione di rotta politica. Gli effetti sono stati disastrosi. E la supplica a Napolitano di restare al Colle una umiliazione per Bersani.

Ma il segretario dimissionario del Pd non è l’unico sconfitto con il governo Letta. Anche Nichi Vendola vede naufragare il progetto politico Italia Bene Comune strombazzato in campagna elettorale con Bersani, ovvero l’alleanza strategica fra Pd e Sel. Ai primi sbandamenti del Pd, ha rottamato quello che doveva essere il caposaldo dell’intesa: le decisioni si prendono a maggioranza, quindi chi non concorda con una decisione segue comunque il voto della maggioranza. Invece, su Giorgio Napolitano, Sel di Vendola sì è prontamente sfilato per non perdere contatto con il grillismo strisciante della propria base e per puntare magari a convogliare verso Sel i consensi in uscita dal Pd. Piccolo cabotaggio.

Ma c’è anche un terzo sconfitto con il governo Letta. E’ Matteo Renzi. L’esecutivo di Enrico Letta di fatto rottama il Rottamatore. Per il sindaco di Firenze era questo il momento giusto per andare a Palazzo Chigi: per far fruttare il consenso popolare ora alto, per dare una scossa generazionale e di sostanza politica all’esecutivo, per convogliare in una prospettiva riformatrice una maggioranza tripartita e porre le basi magari per un partitone riformatore.

Tutti obiettivi che ora perseguirà, di fatto e al di là delle intenzioni reali o dichiarate, Enrico Letta. Tanto più, come ha riconosciuto lo stesso Renzi, che la guida del Pd non rientra fra i suoi sogni preferiti. Si dirà: il sindaco di Firenze sarà pronto per Palazzo Chigi al prossimo giro. Difficile: i consensi sono destinati a scemare e dalla figura di Enrico Letta non si potrà prescindere, dentro e fuori il Pd.

Come per tutti i goleador, anche per Renzi la panchina sarà poco salutare.


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