Primo vincitore: Giorgio Napolitano.
Il presidente della Repubblica fin dall’inizio delle consultazioni post elettorali aveva detto che governicchi erano esclusi, servivano esecutivi sostenuti da solide e certe maggioranze. L’aveva detto e l’ha fatto. E a Camere riunite, dopo la sua rielezione, il capo dello Stato ha invitato a non smarrire la ricerca di intese e convergenze. Consiglio per una volta ascoltato, almeno da parte del Pdl, del Pd e di Scelta Civica.
Secondo vincitore (o forse primo vincitore): Silvio Berlusconi.
Dopo una indominata campagna elettorale con promesse elettoralistiche (Imu) e populiste (anti europee e anti tedesche), ha cambiato personaggio e ha vestito i panni del navigato e saggio politico, invitando fin da subito il Pd a una leale e chiara collaborazione di governo. E così è stato. Una sconfitta politica per Pierluigi Bersani, una vittoria per il Cavaliere. Sul governo e sulla maggioranza tripartita (la stessa del governo Monti) incombono ovviamente le incertezze sulle possibili condanne giudiziarie in arrivo per Berlusconi. Ma per il momento il Cav gongola.
Terzo vincitore: Beppe Grillo.
Voleva distruggere i principali partiti, in primis il Pd. E c’è praticamente riuscito, tra dirette streaming umilianti per Bersani, voto su Rodotà e comizi urticanti. Voleva porre al centro del dibattito politico i costi della politica e delle istituzioni, e quasi non si parla d’altro. Denunciava da mesi, anzi da anni, che Pdl e Pd meno elle erano della stessa pasta e avevano gli stessi fini; e ora Pdl e Pd meno elle sono al governo insieme. Sarà pure un comico, ma da tempo non fa solo ridere.