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Cina, i microchip del Dragone

Il consumo di barre di silicio e altri materiali per i semiconduttori in Cina ha superato quello del Nord America. Un balzo in avanti rispetto al 2008, quando le parti erano invertite e il consumo in suolo americano fu pari a 4,9 miliardi di dollari contro i 3,5 cinesi. Oggi oltre Muraglia la cifra ha toccato i 5 miliardi, mentre dall’altra parte del Pacifico si è avuta una flessione di 250 milioni. Dati che corrispondono con la prima flessione del mercato, meno 2 per cento, dalla fase più profonda della crisi nel 2009. I numeri indicano l’espansione della produzione di microchip in Cina, scrive il magazine Quartz. Un settore ad alta tecnologia, investimenti e specializzazione.

Uno dei dati segnalati dal magazine è il declino della produzione in Giappone. Rispetto a cinque anni fa il Sol Levante ha fatto registrare un meno 8 per cento, scendendo a 8,3 miliardi di dollari. Tra il 2011 e il 2012 il consumo di materiali per microchip è restato stabile, se non diminuito, in tutto il mondo eccetto Cina e Taiwan, con l’isola che continua a essere in cima alla classifica.

Lo scorso anno la Repubblica popolare si è inoltre accaparrata il 33 per cento del totale globale dei circuiti integrati contro il13, 5 per cento degli Usa. In gran parte usati per prodotti da esportazione, sebbene resti ancora alta il divario tra il valore della quota di microchip usati,137 miliardi di dollari, e quelli prodotti in Cina, 28,5 miliardi.

Solco che i produttori made in China stanno cercando di colmare,anche perché il settore è considerato un asset strategico in un mondo sempre più connesso e con diramazioni che vanno dalla competitività nell’alta tecnologia alla difesa.


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