C’era una volta il calcio italiano, quello con cui tutti i campioni, per potersi definire tali, dovevano misurarsi, quello degli stadi sempre pieni, degli arbitri migliori. Insomma, il più bello del mondo. C’era appunto, perché oggi tutto questo è solo un lontano ricordo. Il presente ci porta a commentare la dura realtà di un campionato isterico, condizionato da arbitraggi assurdi e da un clima di guerra civile, nel quale le tribune autorità (?) si trasformano in saloon privi di regole ed educazione.
Da Firenze a Milano, la 31° giornata ha mostrato al mondo il suo lato peggiore. E dire che doveva essere una bella giornata di calcio, con l’antipasto Fiorentina – Milan alle 12.30 proprio per favorire il mercato asiatico, da sempre (ma non si sa fino a quando) affamato di Serie A. E invece è successo di tutto e, purtroppo, non ci riferiamo ai 4 gol segnati. Il protagonista (suo malgrado s’intende) del Franchi è stato Paolo Tagliavento, fino a qualche tempo fa ritenuto uno dei migliori arbitri italiani. A dire il vero qualche dubbio in proposito ci era venuto il 25 febbraio dello scorso anno, quando ne combinò una più di Bertoldo in Milan – Juventus (quella del gol di Muntari, ma anche delle mancate espulsioni di Mexes, Pirlo e della rete annullata a Matri), ma ora ne abbiamo la conferma: semplicemente, avevamo preso un abbaglio. Il fischietto di Terni è del tutto inadeguato a gestire partite cariche di pressione, in cui servirebbero freddezza, lucidità, buon senso e capacità di isolamento. Lui ha dimostrato di non avere nulla di tutto questo, prima rovinando il match con un’espulsione assurda ai danni dei viola, poi con un secondo tempo tutto contro il Milan. Il dubbio sorge spontaneo: che sia rimasto condizionato dall’errore iniziale? Di certo il clima del Franchi non l’ha aiutato. Uno stadio che si è trasformato in una polveriera, con un solo grande obiettivo: Adriano Galliani. Sui fattacci avvenuti in tribuna autorità si è detto molto (la Fiorentina ha fatto sapere che l’ad avrebbe addirittura litigato con un bambino), ma le certezze sono tre. Galliani ha dovuto abbandonare gli spalti a fine primo tempo, una delle sue guardie del corpo ha riportato una ferita all’occhio, il sindaco Renzi è dovuto intervenire personalmente per evitare il linciaggio. Tutto per un’espulsione. Vi sembra normale? No, non lo è, e il problema non riguarda solo Firenze. Poche settimane fa, nella pancia del Dall’Ara di Bologna, Antonio Conte aveva lanciato un allarme rimasto del tutto inascoltato: gli stadi sono territorio franco in cui vale tutto, anche lanciarsi in bestemmie ed improperi di ogni tipo con un bambino in braccio. Direte voi, qual è la novità? Nessuna, ma è ora di aprire gli occhi. Per troppo tempo l’opinione pubblica si è scagliata contro gli ultras, identificati come il male del calcio. Ma la maleducazione e l’ignoranza alberga anche (se non soprattutto) nelle tribune d’onore, quelle in cui si va in giacca e cravatta, quasi sempre con un biglietto offerto da qualcuno. Almeno gli ultras pagano di tasca propria…
A San Siro la rissa si è spostata sul campo, il che, seppur brutto, resta perlomeno comprensibile. Il problema è che anche lì, dopo una partita ricca di reti (ben 7) e di emozioni, ci tocca parlare dell’arbitro. Gervasoni non è un fischietto top e probabilmente non lo sarà mai. Ieri ha concesso un rigore allucinante all’Atalanta che ha poi finito per riaprire un match che sembrava chiuso. “Non credo alla buona fede” ha dichiarato Moratti furibondo, riaprendo una ferita mai davvero sanata: quella di Calciopoli. Il presidente dell’Inter ha ragione ad essere arrabbiato, ma non può tirare in ballo la malafede ogni volta che gli conviene. Ne va della credibilità del nostro calcio. Ammesso che ne abbia ancora.
Da Firenze a Milano il nostro calcio sprofonda nella vergogna
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