Qualche ora prima della lettura della lista dei ministri del nuovo governo, Beppe Grillo ha tuonato contro la “notte della Repubblica”.
Napolitano, i nuovi e giovani premier e vice-premier, Letta e Alfano, i presidenti delle Camere, Boldrini e Grasso, dovrebbero prendere in considerazione la denuncia del leader del “M5S”, il secondo movimento più votato dagli italiani a fine febbraio.
Un Paese è realmente democratico, quando una maggioranza, come quella, inedita, Letta-Berlusconi-Monti, comincia a governare. Ma, anche e soprattutto, quando l’opposizione viene messa in condizione di esercitare, in Parlamento, la funzione di “cane da guardia” dell’esecutivo, composto secondo l’eterno “manuale Cencelli”.
Perchè, sinora, dopo le elezioni, in questi 2 lunghi e tesi mesi, questo non è avvenuto, nel Palazzo ? E’ urgente una risposta. Sinora troppi elementi non risultano chiari e limpidi.
Ad esempio, gli elettori e gli iscritti del primo partito, il PD, non avrebbero dovuto essere consultati, per autorizzare, o bocciare, l’archiviazione del “niet” a ogni forma di collaborazione governativa con il PDL di Berlusconi, assicurato, prima e durante il voto, da Bersani e dallo stesso Enrico Letta ?
Quando gli spazi democratici si restringono, tutti dovrebbero preoccuparsi e reagire. E portare luce e trasparenza, in tutti i settori, per rischiarare quella che Grillo ha definito la “notte della Repubblica”.
Il leader del “M5S”, non a caso, ha usato quello che fu il titolo di una documentata inchiestona televisiva sulla “strategia della tensione”, aperta dalle bombe di piazza Fontana, a Milano, nel 1969. Quell’inchiesta la firmò il giornalista della RAI, Sergio Zavoli, poi nominato da Craxi presidente della RAI e oggi, a 91 anni, senatore del partito di Bersani.
Pietro Mancini