L’Italia come l’Egitto, in preda a una rivoluzione. Beppe Grillo è convinto che l’Italia stia vivendo la stessa situazione del paese nord-africano. “Assolutamente sì”, in Italia è in corso una rivoluzione come in Egitto, dice il comico genovese in un’intervista al quotidiano Metro. “In Egitto forse rimpiangono Mubarak? Qua nessuno sta rimpiangendo Fini, Casini, nessuno rimpiangerà Bersani, nessuno rimpiangerà Berlusconi. Quindi non rimpiangeremo nulla perché metteremo delle persone perbene, normali, oneste e trasparenti a gestire il Paese”.
Il leader del Movimento 5 Stelle spiega che quella italiana “è una rivoluzione e quelli che ci sono dentro non l’hanno nemmeno capita. Hanno 70 anni, 60 anni, sono dentro i partiti, i giornali le banche, i poteri forti. E poi non hanno capito – prosegue Grillo – che è una guerra generazionale questa qua. Non possiamo più avere delle persone di 70 anni che sono lì da 35 anni, che hanno disintegrato il Paese e ci spiegano dalla televisione, dai giornali come porre rimedio agli errori e ai danni che hanno fatto. Questa gente – conclude il comico – deve andare via, chiedere scusa e sottoporsi a una verifica fiscale. Come abbiamo, come ho promesso io al Movimento. Chi ha votato il Movimento vuole mandarli a casa tutti”.
Paragone azzardato
Il paragone con l’Egitto però non può passare inosservato. Il giornalista Federico Mello, esperto delle dinamiche del Movimento di Grillo e Gianroberto Casaleggio, fa notare che nel Paese africano la rivoluzione non ha portato agli esiti (democratici) sperati. “La nuova Costituzione egiziana, promulgata (dopo un referendum molto contestato) nel dicembre del 2012 dal presidente Morsi, legato ai Fratelli Mussulmani ed eletto dal nuovo Egito post-Mubarack, ha ricevuto innumerevoli critiche da parte di associazioni per i diritti umani in quanto, per esempio, non riconosce la supremazia del diritto internazionale in tema di diritti umani”. Per non parlare dei diritti delle donne, completamente scomparsi nella nuova Costituzione.
I comici in carcere
In più, fa notare Mello, l’Egitto è il Paese dove i comici che provano ad ironizzare sul potere finiscono in carcere. E’ il caso di Bassem Youssef e Ali Kandil. Il primo “si era fatto conoscere su YouTube proprio durante la “primavera” prendendosi gioco dei racconti “di regime” che faceva la televisione di stato delle proteste in corso. È poi arrivato in tv riuscendo a raccogliere fino a 5milioni di spettatori. Alla vigilia di Pasqua, però, è scattato l’arresto. L’accusa è quella di aver ‘insultato’ l’Islam e il presidente Mohamed Morsi”. Ed è uscito solo dopo il pagamento di una cauzione.
Ali Kandil invece è un attore teatrale al quale è stata rivolta l’accusa di “blasfemia” per aver “insultato” i musulmani in una sua performance. “Fermato e interrogato, è stato liberato una settimana fa dopo aver pagato una cauzione di 570 euro. Kandil – spiega Mello -, davanti ai giudici, ha respinto le accuse e rivendicato quanto detto nel corso dello spettacolo. Un uomo coraggioso, che dice pane al pane e vino al vino. E che magari avrebbe da insegnare un po’ di politica ad altri comici che bazzicano dalle nostre parti”.