La cultura volano del risamento finanziario e dello sviluppo eco-sostenibile, tanto da assurgere al ruolo di principale risorsa economica: dalla tutela della salute al turismo culturale, dallo sviluppo di iniziative di editing e di design, dalla musica alla letteratura al cinema, dall’arte all’architettura, con la realizzazione del ‘National Concert Hall Harpa’, un mega edificio in vetro eco-sostenibile. Cosi’ il Presidente della Repubblica d’Islanda, arrivato al suo quinto mandato, il socialista Olafur Grimsson ha spiegato ‘il miracolo economico’ della piccola isola, finita nel 2008-2009 nel tunnel senza uscita dei debiti fatti dalle tre banche private, lasciate fallire come qualsiasi altra attivita’ ed impresa e oggi ri-nazionalizzate. Lo ha fatto nel corso di un recente incontro all’Eliseo con il presidente della Repubblica francese, François Hollande, ampiamente trattato dai media. Quattro anni dopo l’esplosione degli ingenti debiti – pari a 10 volte il Pil di 12 miliardi di dollari – contratti dalle tre banche private, l’Islanda si e’ rianimata tanto da essere oggi il paese piu’ solido e piu’ rispettato d’Europa: a fine gennaio l’Efta – l’associazione europea del libero scambio – ha riconosciuto il suo diritto a non rimborsare i risparmiatori stranieri – inglesi e olandesi – che avevano messo i loro soldi nelle tre banche private. “Noi non abbiamo seguito le politiche ortodosse dell’austerita’ imposte nel corso degli ultimi anni in Europa e nel mondo occidentale. Abbiamo lasciato le banche fallire, non le abbiamo salvate, le abbiamo trattate come le altre societa’. Abbiamo introdotto controlli sui cambi. Abbiamo cercato di proteggere lo stato sociale, rifiutando di applicare bruscamente l’austerita’”, ha detto Grimsson. La crisi da fronteggiare in Europa non e’ solo economica e finanziaria, ha ammonito Grimsson, ma soprattutto “democratica, politica, e anche giudiziaria: per questo abbiamo incaricato un team di giuristi, una commissione di esperti, per indagare sulle responsabilita’ della crisi“. Cosi’ i banchieri corrotti ed i politici collusi, sono stati cacciati e sono finiti sotto processo. A quanti obiettano che l’Islanda, tutto sommato, ha una popolazione di appena 320 mila cittadini, Grimsson ribatte: “ho sempre evitato di dare raccomandazioni ad altri paesi, quello che posso fare e’ descrivere cio’ che ha fatto l’Islanda, e ognuno puo’ trarre le proprie lezioni. Ma e’ chiaro che molte delle scelte fatte potrebbero essere assunte anche da altri paesi“. Quali? Ad esempio, a fronte dei tagli imposti al sistema di protezione sociale, dalle politiche ortodosse dell’austerita’, “noi abbiamo tutelato le famiglie piu’ povere: questo approccio puo’ essere utilizzato anche in altri paesi”. Come si e’ arrivati ai due referendum popolari sul pagamento dei debiti? “Mi trovai di fronte ad una scelta: da una parte gli interessi finanziari e dall’altra la volonta’ democratica del popolo. La parte piu’ importante nelle nostre societa’ – e lo dico ai miei amici europei – non sono i mercati finanziari, ma e’ la democrazia, i diritti umani, lo stato di diritto. Di fronte alla crisi cosi’ profonda, sia islandese o europea, perché non lasciare che l’elemento piu’ importante della nostra societa’ indichi la via da seguire? Questo abbiamo fatto. Abbiamo tenuto due referendum. E, nel primo trimestre dopo il referendum, l’economia e’ ripartita. Ora abbiamo una crescita del 3%, tra le piu’ alte in Europa; il 5% di disoccupazione, tra i tassi piu’ bassi“. A fine gennaio 2013 l’EFTA ha riconosciuto il diritto dell’Islanda a non risarcire i risparmiatori inglesi ed olandesi che avevano investito nel fondo Icesave gestito dalle tre banche private. “Non solo la nostra decisione era corretta, era democratica, ma era anche giuridicamente corretta. I miei amici europei dovrebbero pensare a questo con una mente aperta”. L’Islanda puo’ ora essere una sorta di laboratorio, indicare una via d’uscita, che “aiuta gli altri paesi a rivedere le politiche ortodosse dell’austerita’. E’ difficile sostenere oggi che l’adesione all’euro e’ un prerequisito per il successo economico. Non vedo nuovi argomenti che possano giustificare – ha concluso Grimsson – l’adesione dell’Islanda all’euro”.