Si è scritto a lungo, in queste settimane, su quelle che sarebbero state le sfide da affrontare per Papa Francesco e su quelli che sarebbero stati i primi atti compiuti dal successore di Benedetto XVI. Una riforma dello Ior, se non addirittura, come ipotizzato da qualcuno, la sua chiusura, la sostituzione del cardinale Tarcisio Bertone alla guida della Segreteria di Stato, una riforma della curia romana finalizzata alla semplificazione e allo snellimento della struttura di governo della Chiesa. Sembra, però, secondo quanto trapelato recentemente sui mezzi di informazione, che Papa Francesco stia pensando anche a una possibile riforma della Conferenza episcopale italiana (Cei) e, di conseguenza, a una possibile sostituzione del cardinale Angelo Bagnasco, che guida l’assemblea dei vescovi italiani dal marzo 2007.
La mancata riforma della Cei da parte di Papa Benedetto XVI
Nessuno vuole mettere in dubbio le ragioni che stanno alla base della rinuncia al ministero petrino da parte di Benedetto XVI, da lui stesso enunciate nel corso del concistoro dell’11 febbraio per la canonizzazione dei martiri di Otranto. Ragioni di carattere fisico (“il vigore del corpo è in me diminuito” ha affermato Ratzinger) hanno portato il predecessore di Papa Francesco a quelle che da molti vengono indicate come “dimissioni”. Un venir meno delle proprie forze fisiche che sembra trovare conferma nelle recenti voci relative al peggioramento repentino della salute di Benedetto XVI. Non sono mancate, però, alla base della sua decisione, anche alcune ragioni di carattere più “terreno”. La mancata riforma della curia romana è forse per il Papa emerito il maggiore rimpianto del proprio pontificato. Una riforma, in realtà, che avrebbe dovuto riguardare, più generalmente, anche la Conferenza episcopale italiana e tutte le altre assemblee dei vescovi mondiali. Tali conferenze, infatti, hanno oramai assunto un potere talmente forte da sovrapporsi spesso con quanto viene deciso a Roma. Quando Benedetto XVI era ancora l’allora cardinale Ratzinger, in occasione di numerosi incontri ha parlato di questo problema, della necessità di una riforma. Ma non ce l’ha fatta. Benedetto XVI non ha avuto l’energia e gli strumenti per portare avanti questo suo progetto rimanendo, come scritto dal vaticanista Marco Tosatti, “prigioniero di meccanismi che non riusciva a modificare”.
L’anomalia della Cei
Gli italiani, come sempre, devono distinguersi. Nel corso del conclave, ad esempio, erano il gruppo più numeroso ma anche quello più diviso. Una situazione, quest’ultima, che ha fatto cadere quasi subito la possibilità che il cardinale Angelo Scola potesse succedere a Benedetto XVI. Ma anche con riferimento alla nostra conferenza episcopale vi è qualcosa di particolare. E’, infatti, un caso unico al mondo. Quello dei vescovi italiani attualmente è l’unico caso in cui il presidente ed il segretario dell’assemblea sono scelti direttamente dal Papa e non dai vescovi stessi. Si tratta di un’evidente anomalia se confrontata con quando avviene in tutto il resto del mondo, dove i vescovi locali eleggono i loro rappresentanti, senza che questi accedano in breve tempo alla porpora (cosa che invece avviene in Italia). E’ vero che, da un lato, esiste un procedimento, non ufficiale, in base al quale la designazione viene preceduta da una serie di passaggi quali le consultazioni all’interno delle varie conferenze regional . Dall’altro lato, però, l’indicazione del nome del presidente e del segretario resta a totale discrezione del Papa. Un po’ come avviene nel caso dei Sinodi diocesi, ai quali viene riconosciuto solamente un potere consultivo. Con la possibilità, per il Papa, di assumere decisioni completamente opposte a quelle consigliate.
Cambiare la Cei. Ma come?
Uno degli argomenti maggiormente dibattuti nel corso delle Congregazioni generali è stato quello della collegialità. Una maggiore collegialità nelle decisioni e all’interno della curia è quello che hanno chiesto i cardinali elettori al successore di Benedetto XVI. Ed è proprio in tale ottica che, secondo alcuni, Papa Francesco starebbe pensando di riformare la Conferenza episcopale italiana. Secondo il pontefice, infatti, sarebbe giunta l’ora di apporre alcune modifiche allo statuto della conferenza stessa equiparando l’episcopato italiano a quello mondiale. Presidente e segretario generale, quindi, sarebbero eletti direttamente dai vescovi italiani e non più indicati dal Papa stesso. Un’anomalia, quella della nomina pontificia, che viene spiegata col fatto che il Papa è il primate d’Italia e Vescovo di Roma. Non è però così semplice apportare modifiche alla struttura della Cei. In linea generale si ritiene che esse non abbiano alcun fondamento teologico, e che quindi sarebbero necessarie solo alcune “variazioni di norme e procedure”. In tal senso si è espresso l’allora cardinale Ratzinger nel libro-intervista con Vittorio Messori “Rapporto sulla fede”: “le Conferenze episcopali non hanno una base teologica” disse l’allora prefetto dell’ex Sant’Uffizio. Su Vatican Insider, però, il giornalista Gianni Gennari ricorda come a distanza di qualche anno, Ratzinger modificò la propria opinione all’interno di un articolo in cui scrisse “si arrampicano sugli specchi coloro che sostengono che le Conferenze episcopali non hanno fondamento teologico”.
La smentita di Betori
Spetterà, quindi, a Papa Francesco cercare di trovare una soluzione cercando così di dare alla Cei una struttura più consona con quella che è l’impostazione ecclesiologica del nuovo Papa, ovvero la collegialità. Nel frattempo, però, arriva la smentita del cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze ed ex segretario generale dell’assemblea dei vescovi italiani. Secondo Betori, infatti, quella dell’elezione diretta dei vertici della Cei non sarebbe una priorità per Papa Francesco. “Non è all’ordine del giorno di oggi e non credo stia nelle priorità attuali. L’attuale presidente della Cei ha davanti a sé quattro anni di governo che gli auguriamo proficui come sono stati i precedenti cinque” ha dichiarato il porporato. C’è grande attesa, quindi, per la decisione del Papa di partecipare, nel mese di maggio, proprio alla riunione della Cei in Vaticano. Potrebbe essere quello, infatti, il momento in cui annunciare la “grande riforma”.