Grazie all’autorizzazione dell’autore e dell’editore, pubblichiamo l’articolo di Goffredo Pistelli comparso sul numero odierno del quotidiano Italia Oggi del gruppo Class Editori.
Non bastassero le baruffe in casa piddina sull’Alta velocità ci si mette anche Debora Serracchiani, neogovernatrice del Friuli, ad alimentare la bagarre. Pungolata ieri dal Corriere Veneto, come prima cosa ha archiviato la Tav. «La Tav, per come l’abbiamo conosciuta, non esiste più», ha risposto la governatrice, «dobbiamo puntare sul possibile, cioè sulla quadruplicazione della linea ferroviaria e sull’eliminazione dei colli di bottiglia».
Serracchiani non ha contestato l’opera in quanto tale, come han fatto alcuni sui compagni di partito come Laura Puppato e il sindaco di Bari, Michele Emiliano, suscitando le ire del primo cittadino di Padova, Flavio Zanonato, ma ha detto che, al punto in cui siamo, i treni superveloci non si possono più fare. Colpa del centrodestra veneto, naturalmente: «La causa», ha spiegato, «è dovuta all’insistenza del vostro assessore Renato Chisso sul tracciato Venezia-Trieste sulle spiagge». Un’affermazione che però spargerà sale sulle ferite della divisione in casa democratici sul dossier dei treni superveloci. Proprio nei giorni della polemica della Puppato contro l’Alta velocita in Piemonte, oltre ai parlamentari democrat di quelle zone, da sempre favorevoli all’opera, s’erano fatto sentire anche un altro piddino veneto, Alessandro Naccarato, collega deputato del Pd padovano. «Motivi a sostegno dell’intervento», le aveva scritto pubblicamente attraverso il Corriere Veneto, «sono contenuti in numerosi atti pubblici e dimostrano gli enormi vantaggi prodotti dall’opera che possono essere riassunti in pochi punti. Il progetto si colloca all’interno di una delle grandi direttrici ferroviarie europee, il corridoio Lisbona-Kiev, ed è ritenuto strategico per lo sviluppo dell’Ue. Il governo Prodi», aveva ricordato Naccarato, «ha combattuto con successo per far passare il citato corridoio a sud delle Alpi per agganciare in modo stabile l’Italia alle principali infrastrutture continentali». E in scia alla polemica, dopo qualche tweet severo di Zanonato, c’era stato uno scontro vis-à-vis fra lui e la stessa Puppato, che aveva avuto come teatro i corridoi del Nazareno, sede del Pd a Roma, a margine di una direzione nazionale. Come aveva raccontato lo stesso Zanonato su Facebook, l’ex sindaco di Montebelluna (Tv) e concorrente di bandiera alle ultime primarie di centrosinistra, l’aveva apostrofato come «piccolo gerarca».
Puppato, oltre essere stata sul cantiere di Chiomonte (To) a portare la sua solidarietà ai manifestanti anti Tav, aveva preso posizione contro l’opera nel suo insieme: «Il costo non vale la candela», aveva scritto a fine marzo, «e non possiamo permetterci di comprare a rate una Ferrari che ci verrà consegnata nel 2040 quando oggi abbiamo una bicicletta con le gomme sgonfie», proponendo di destinare risorse «al trasporto pubblico locale, la metropolitana di superficie, le linee per i nostri pendolari o i poli della logistica, alias non possiamo permetterti voli pindarici quando non c’è il necessario». Puppato aveva parlato di intervenire sui «colli di bottiglia» della rete ferroviaria del Nord, espressione utilizzata, forse non a caso, anche dalla Serracchiani. Chissà che nel bailamme di casa Pd, con le dimissioni di tutto il gruppo dirigente bersaniano, non spunti fuori anche un ripensamento del partito sull’opera nel suo complesso. Anche Matteo Renzi, sul finire delle primarie, aveva espresso qualche riserva sull’opportunità, nel contesto economico attuale, di un cantiere di quell’impatto economico e Bersani, in campagna elettorale, aveva preferito parlare della necessità di fare «tante piccole opere infrastrutturali», per modernizzare e, con l’indotto, far ripartire l’economia.